"Centinaia di soldati e navi nucleari": Mosca verso una base navale in Sudan
La Russia è vicina a ottenere una presenza navale permanente sul Mar Rosso grazie a un accordo di 25 anni con il Sudan. Secondo la proposta, Mosca potrà dispiegare fino a 300 militari e attraccare quattro navi da guerra – comprese unità a propulsione nucleare – in cambio di armamenti avanzati destinati all’esercito sudanese. L’intesa garantirebbe inoltre alla Russia un accesso preferenziale ai contratti minerari del Paese, in particolare nel settore dell’oro.
La base sorgerebbe a Port Sudan, un punto strategico da cui Mosca potrebbe monitorare il traffico diretto verso il Canale di Suez, snodo cruciale per il dodici per cento del commercio mondiale. Per il Sudan, l’accordo significherebbe ottenere sistemi di difesa aerea e armi russe a prezzi agevolati per sostenere la guerra contro le forze paramilitari dell’Rsf. Tuttavia, un funzionario sudanese ha avvertito che la mossa potrebbe creare frizioni con Stati Uniti e Unione europea.
Una corsa per l’influenza nel Mar Rosso
La prospettiva di una base russa nella regione preoccupa Washington. Per gli Stati Uniti, una presenza navale di Mosca lungo il Mar Rosso amplierebbe il raggio d’azione del Cremlino non solo in Africa orientale, ma anche nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano.
Negli ultimi anni, la Russia ha tentato più volte di ottenere un accesso stabile a Port Sudan mentre espande le sue attività militari in diversi Paesi africani. Gli analisti ritengono che un accordo formale rappresenterebbe un significativo successo strategico per Vladimir Putin.
Lo scenario si inserisce in una più ampia competizione globale: la Cina sta accelerando nella costruzione di porti africani e dispone già di una base navale a Gibuti, a pochi chilometri dalla più grande installazione statunitense nel continente, mentre gli Stati Uniti mantengono truppe in Somalia.
Alleanze che cambiano in un Sudan devastato
Il conflitto sudanese – una delle peggiori crisi umanitarie dell’Africa – offre a Mosca una nuova opportunità per rafforzare la sua presenza nel continente.
Dopo la disintegrazione del gruppo Wagner e la morte del suo leader Yevgeny Prigozhin nel 2023, l’influenza russa in Africa si era indebolita. All’inizio della guerra in Sudan, Mosca aveva sostenuto l’Rsf per garantirsi un accesso privilegiato alle miniere d’oro, salvo poi cambiare linea e appoggiare il governo di Khartoum.
Nel frattempo, l’esercito sudanese ha acquistato droni da Iran, Egitto e Turchia. Secondo gli analisti, l’insistenza del governo sudanese nel concludere l’accordo con Mosca riflette il rapido deterioramento della sua posizione militare. Pur controllando ancora Khartoum, a ottobre l’Rsf ha conquistato quasi tutta la regione del Darfur, accompagnando l’avanzata a violenze e nuovi massacri contro i civili.
Il bilancio del conflitto è devastante: circa centocinquantamila morti tra combattimenti, fame e malattie, e oltre dodici milioni di sfollati in tutto il Paese. Una tragedia umanitaria che continua ad aggravarsi mentre le potenze globali si contendono influenza e basi militari sulle coste del Mar Rosso.
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