Afghan Geeks: la rivoluzione silenziosa delle donne afghane che imparano a programmare in segreto

Da quando i Talebani sono tornati al potere nell’agosto 2021, le donne in Afghanistan vivono sotto un regime oppressivo: non possono lavorare, uscire da sole, frequentare ristoranti o proseguire gli studi oltre la scuola primaria.
Tra loro c’è Sondaba, una delle tante donne che hanno visto crollare ogni libertà. Ma in mezzo al silenzio e alla paura, ha trovato una finestra aperta sul mondo: un corso di programmazione online gratuito in dari, la sua lingua madre.
Un rifugiato, una missione
Dietro a questo progetto c’è Murtaza Jafari, 25 anni, rifugiato afghano arrivato in Grecia da adolescente su un barcone dalla Turchia. All’epoca non conosceva l’inglese, né sapeva come accendere un computer. Ma un insegnante gli ha aperto una porta: un corso di coding. Da lì, tutto è cambiato.
Oggi Murtaza è il fondatore di Afghan Geeks, una piattaforma che offre corsi di programmazione a distanza a donne in Afghanistan. A dicembre 2024, insegna a 28 studentesse, suddivise tra principianti, intermedie e avanzate, accompagnandole anche nella ricerca di stage e lavori da remoto.
Lavorare senza essere viste
Per molte di queste donne, il lavoro digitale è l’unica possibilità di reddito e autonomia personale. Le più esperte collaborano direttamente con Afghan Geeks, offrendo servizi di sviluppo web e creazione di chatbot. Jafari afferma di avere clienti in Afghanistan, Stati Uniti, Regno Unito ed Europa.
Eppure, dopo mesi di insegnamento, non ha mai visto i volti delle sue studentesse.
“Parlo con loro ogni giorno. So delle loro vite sotto i Talebani, della loro salute. Ma non ho mai chiesto loro di accendere la telecamera. Lo rispetto. È la nostra cultura. Ed è una loro scelta”, racconta Jafari.
Una rete di speranza, dietro gli schermi
Nonostante le barriere, il desiderio di imparare e costruire un futuro non si è spento. Afghan Geeks rappresenta più di un corso di coding: è una comunità, una forma di resistenza pacifica, una possibilità concreta di autodeterminazione.
“In Afghanistan le donne non possono studiare, non possono lavorare. Questo è il minimo che posso offrire come cittadino afghano”, dice Murtaza.
Nel silenzio imposto dalla repressione, lo schermo di un computer diventa il ponte verso la libertà. Una rivoluzione silenziosa, fatta di righe di codice e voci senza volto, ma con una determinazione che parla forte e chiaro.
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