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Sanzioni Russia, il dilemma dei Paesi dell'Asia centrale: rimanere partner dell'Ue e di Putin

• Sep 18, 2024, 2:17 PM
13 min de lecture
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Sebbene la Federazione Russa stia spingendo molto per una cooperazione più profonda con i vicini in Asia centrale, le ex repubbliche sovietiche sembrano volersi distanziare da Mosca per non incappare nel rischio di sanzioni da parte di Unione Europea e Stati Uniti.

Secondo un rapporto lo scorso luglio del portale russo di notizie economiche Rbc, il rifiuto opposto da banche dell'Asia centrale alle transazioni finanziarie richieste da aziende russe attraverso è aumentato di un terzo.

Il giro di vite arriva dopo l'incremento delle sanzioni occidentali contro imprese di base nell'area e sospettate di aiutare la Russia a eludere le misure punitive. Molti Paesi si sono trovati ad affrontare un dilemma, avendo bisogno di tecnologie e mercati occidentali per svilupparsi senza, al contempo, potersi staccare completamente da Mosca.

Una difficoltà riconosciuta da David O'Sullivan, inviato dell'Unione Europea per le sanzioni, che ha elogiato la cooperazione in questo senso del Kazakistan.

Perché la Russia ha bisogno dell'Asia centrale?

Volenti o nolenti, i Paesi sul fronte meridionale russo (Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan) offrono a Mosca l'accesso a beni e servizi finanziari che si sono esauriti in patria a causa delle sanzioni internazionali imposte dopo l'invasione dell'Ucraina.

Un esempio interessante è l'apertura di conti in banca in Kazakistan o Kirghizistan da parte della classe media russa per essere in grado di acquistare beni occidentali.

Secondo i dati di Rbc, per esempio, il numero di auto occidentali vendute in Kazakistan ad acquirenti russi è aumentato del 143 per cento nel 2023, nonostante la ritrosia dei concessionari a fare affari che potrebbero mettere a repentaglio altre vendite all'estero.

Un autosalone ad Astana, capitale del Kazakistan
Un autosalone ad Astana, capitale del Kazakistan AstanaPress

In Kazakistan si sono trasferite migliaia di imprese russe

Dopo la Georgia, altra nazione che confine con la Russia (più a ovest, nel Caucaso), il Kazakistan è oggi la base più popolare per gli imprenditori russi, con oltre 6mila aziende che vi sono trasferite lo scorso anno, secondo la rivista Forbes.

Questa tendenza potrebbe innescare miglioramenti a lungo temine nelle economie locali tali da drenare capitali e competenze dalla Federazione Russa. Allo stesso tempo, potrebbe consentire a Mosca di utilizzare l'Asia centrale per "dirottare" le merci dall'Ue, violando le sanzioni alla Russia.

Non a caso le esportazioni dell'Ue verso la Russia sono diminuite del 53 per cento tra il 2021 e il 2023, mentre quelle del Kazakistan sono aumentate costantemente nello stesso periodo, salvo declinare nella prima parte del 2024.

Csökkenő tendencia
Csökkenő tendencia Forbes/EURONEWS

Non è possibile stabilire con esattezza la percentuale di esportazioni di provenienza occidentale, ma potrebbe essere significativa. I prodotti più delicati sono quelli che possono facilitare gli armamenti e lo sviluppo militare russo, soprattutto la microelettronica e altre attrezzature ad alta tecnologia.

Secondo dati commerciali dell'Ue, si è registrato un aumento significativo delle esportazioni dall'Asia centrale alla Russia di beni cosiddetti dual use ("a duplice uso"), vale a dire che possono essere impiegati a beneficio del complesso militare-industriale russo e a scopi civili.

Le esportazioni del Kazakistan di questi beni verso la Russia sono aumentate del 401 per cento nel 2022 rispetto all'anno precedente, prima di diminuire leggermente nel 2023, soprattutto a causa degli avvertimenti occidentali, stando a dati del database commerciale delle Nazioni Unite, Un Comtrade.

Anche il Kirghizistan e l'Uzbekistan hanno aumentato le spedizioni commerciali verso la Federazione Russa di centinaia di punti percentuali.

Il ruolo della Cina in Asia Centrale in supporto a Mosca è opaco

Gli aiuti sottobanco alla Russia non sono di certo un segreto, come indicano dati e inchieste di media e istituti di ricerca che hanno ampiamente documentato questi traffici.

Nel suo rapporto 2024 l'Organised Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) ha evidenziato un piano per ordinare dall'Europa attraverso una società kazaka apparecchiature hi-tech e semiconduttori destinati alla Russia. Secondo Occrp, circa il 7 per cento di tutti i beni spediti dal Kazakistan verso il suo confine settentrinale risulta di duplice uso.

L'elusione delle sanzioni si è rivelata un affare tale per il Kirghizistan da averne accresciuto il Pil di un intero punto percentuale, secondo Alexei Yeremenko, co-direttore della società di consulenza Control Risks.

I ricercatori di Occrp osservano inoltre che l'interscambio commerciale tra i Paesi dell'Asia centrale e la Cina è così aumentato da non riuscire ad avere un'idea delle sue dimensioni e della natura delle spedizioni destinate alla Russia attraverso questi stati terzi.

Uno dei posti di frontiera tra il Kirghizistan e la Cina
Uno dei posti di frontiera tra il Kirghizistan e la Cina CC BY-SA

Le sanzioni imposte alla Russia sono vincolanti anche per i Paesi dell'Asia centrale?

Finora nessun Paese dell'Asia centrale si è unito all'Occidente nel sanzionare la Russia per l'invasione dell'Ucraina. Tuttavia, l'impegno è a non aiutare Mosca ad aggirare le restrizioni.

Tom Keatinge, direttore del Financial Crime and Security Centre presso il Royal United Services, ricorda che le sanzioni contro la Russia non sono imposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu e quindi non esiste alcun obbligo se non quello unilaterale per il Paese che le ha decise.

Quando però sono gli Stati Uniti o l'Unione Europea a prendere questa decisione, come nel caso della Russia o prima dell'Iran per il suo programma nucleare, altre considerazioni di carattere politico ed economico possono spingere altri Paesi ad allinearsi volontariamente.

In questo caso, gli Stati dell'Asia centrale cercano di evitare disaccordi con l'Occidente per mantenere l'accesso allo Swift, il sistema internazionale dei pagamenti, il flusso di beni e investimenti occidentali e le agevolazioni tariffarie e fiscali di cui godono nel commercio bilaterale.

Kasszim-Jomart Tokajev kazah elnök, Vlagyimir Putyin és Szadir Japarov kirgiz elnök
Kasszim-Jomart Tokajev kazah elnök, Vlagyimir Putyin és Szadir Japarov kirgiz elnök TASS

È il caso del Kazakistan, dove il presidente Tokajev ha fatto intendere di non volere rischiare tutto questo in nome di Putin. Resta però che per il Paese le relazioni economiche con la Russia hanno un valore non trascurabile.

La Russia rappresenta il 19 per cento del fatturato commerciale di Kazakistan, Kirghizistan e Uzbekistan, che beneficiano inoltre di importazioni a basso costo del gas russo.

Il prezzo di acquisto nel 2023 è stato infatti di 160 dollari per mille metri cubi, che possono essere rivenduti ad altri mercati attraverso la Turchia con un sovrapprezzo tra i 257 e i 320 dollari, un affare enorme a cui può essere difficile per le autorità locali rinunciare.

Cosa può fare l'Occidente per evitare traffici attraverso Paesi terzi?

Finora l'Ue e gli Stati Uniti si sono impegnati soprattutto a livello diplomatico per spingere i partner della Russia a ridurre la loro dipendenza commerciale, come fatto dall'Unione Europea e dall'Italia trovando fornitori energetici alternativi a Mosca.

L'Office of Foreign Assets Control (Ofac), l'agenzia del dipartimento del Tesoro statunitense che gestisce le sanzioni, ha messo nella lista dei soggetti bloccati otto società del Kazakistan, tredici del Kirghizistan e dodici dell'Uzbekistan per legami con la Russia.

Molti sostengono che l'Occidente dovrebbe adottare un approccio più duro, come il divieto totale di forniture di energia o di microelettronica, macchinari e parti aerospaziali.

Tuttavia, non ci sono indicazioni che l'Occidente abbia intenzione di imporre sanzioni ai vicini di Mosca nella stessa misura in cui le ha imposte alla Bielorussia, anche perché non sembra esserci tra i governi in Asia centrale lo stesso tipo di alleanza scelto da Minsk.

Rimane anche la paura dell'espansionismo di Putin, che ha dichiarato in più di un'occasione di considerare le ex repubbliche sovietiche come parte della sfera d'influenza russa.


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