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In quali Paesi dell'Unione europea si lavora più ore alla settimana?

• Aug 26, 2025, 3:38 PM
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L'estate sta finendo e gli uffici tornano a riempirsi in tutta Europa. Per qualcuno, il rientro al lavoro è più pesante rispetto alla media: i dati di Eurostat mostrano che nel 2024 il 6,6 per cento dei lavoratori di età compresa tra i 20 e i 64 anni nell'Unione europea seguirà un orario di lavoro prolungato, che lo stesso istituto statistico definisce come uguale o superiore alle 49 ore alla settimana per il lavoro principale.

La quota di persone che lavorano così è diminuita nell'Unione europea. Nel 2019 era dell'8,4 per cento, mentre nel 2014 era ancora del 9,7 per cento. La cifra più alta mai raggiunta è stata registrata nel 2005, quando l'11,7 per cento delle persone occupate dichiarava di lavorare 49 ore o più a settimana.

Differenze significative tra i Paesi europei

Dietro ai dati cumulativi a livello europeo si nascondono però notevoli differenze tra Paese e Paese. Considerando solo gli Stati membri dell'Ue, è la Grecia a registrare la quota più alta di persone che seguono orari di lavoro prolungati, con il 12,4 per cento. Tuttavia, anche in questo caso dato risulta essere diminuito drasticamente rispetto all'inizio del secolo, quando si sfiorava il 20 per cento.

Prendendo in considerazione tutti i Paesi europei, l'Islanda si classifica al primo posto con il 13,6 per cento di persone in età lavorativa che hanno lavorato regolarmente 49 o più ore a settimana nel 2024. Nel 2000, la cifra raggiungeva il 35 per cento.

La Grecia è seguita da Cipro (10 per cento) e Francia (9,9 per cento). La top five dell'Ue è chiusa poi da Portogallo e Belgio, rispettivamente con il 9,2 e l'8,4 per cento.

La quota di persone che lavorano a lungo è superiore alla media europea anche in Austria, Irlanda, Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Svezia. Al contrario, la percentuale più bassa di persone che dichiarano di lavorare a lungo si trova in Bulgaria (0,4 per cento) in Lettonia (1 per cento) e Lituania (1,4 per cento).

Tassi più alti tra gli uomini, i lavoratori autonomi e i dirigenti

I dati mostrano che gli uomini hanno maggiori probabilità di lavorare a lungo rispetto alle donne. Tra i Ventisette, il 9,3 per cento dei lavoratori maschi lavora più di 49 ore a settimana, rispetto al 3,6 per cento delle donne.

Il divario tra lavoratori autonomi e dipendenti è poi particolarmente marcato. Più di un quarto (27,5 per cento) di tutti gli indipendenti intervistati ha dichiarato di seguire tale orario: circa 24 punti in più rispetto al 3,4 per cento dei lavoratori dipendenti. Inoltre, tra i lavoratori autonomi con dipendenti (ovvero i datori di lavoro), la quota sfiora il 40 per cento.

Per quanto riguarda il tipo di lavoratori, gli orari di lavoro prolungati sono più comuni tra i quelli qualificati dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca. Più di un quarto (26,2 per cento) di tutti gli occupati di questi settori supera le 49 ore. Tra i dirigenti, invece, la percentuale risulta del 21,2 per cento.

Per quanto riguarda la media delle ore lavorate a settimana, l'anno scorso la cifra era di 36 ore in Europa. Ma anche in questo caso si registrano variazioni significative tra i Paesi: dalle 32,1 ore effettive di lavoro nei Paesi Bassi alle 39,8 della Grecia.

Effetti sulla salute del lavoro a lungo termine

Anche se la percentuale di lavoratori che fanno orari prolungati è in calo, rimane elevata, soprattutto se si considera il noto impatto sulla salute di un numero di ore lavorative settimanali significativamente superiore alla media.

Uno studio condotto dallo University College di Londra nel 2015 indica che coloro che lavorano più di 55 ore a settimana presentano un rischio di ictus superiore del 33 per cento rispetto a chi rimane tra le 35 e e 40 ore settimanali.

Similmente, un rapporto del 2021 dell'Organizzazione mondiale della sanità e dell'Organizzazione internazionale del lavoro ha rilevato che l'orario di lavoro prolungato, definito in più di 55 ore settimanali, è stato responsabile di 745mila decessi per ictus e malattie cardiache nel 2016. Il dato risulta tra l'altro in aumento del 29 per cento rispetto al 2000.

Inoltre, gli effetti sulla salute possono essere sia diretti che indiretti: lo stress associato al lavoro a lungo termine può avere un impatto diretto sulla salute, mentre indirettamente riduce la quantità di tempo che le persone impiegano per dedicarsi ad attività salutari.

L'orario massimo di lavoro settimanale è stabilito dalla Direttiva europea sull'orario di lavoro, che risale al 2003. Questa legge stabilisce che l'orario di lavoro medio massimo per i dipendenti non può superare le 48 ore settimanali, compresi gli straordinari. Ma, ovviamente, per i lavoratori autonomi la situazione è completamente diversa.

I dati giungono nel contesto di dibattiti in corso sulla flessibilità e precarietà del lavoro, sulla produttività e sul burnout, con alcuni Paesi che puntano a una settimana lavorativa più breve. Tuttavia, alcuni governi si stanno discostando da questa tendenza. L'anno scorso, ad esempio, la Grecia ha approvato una legge che consente ad alcuni datori di lavoro di imporre una settimana lavorativa di sei giorni.