Il generale Komornicki: "La Polonia non è pronta per un conflitto. Siamo in ritardo di 20 anni"
In una lunga intervista, il generale Leon Komornicki – uno degli ufficiali più esperti delle Forze Armate polacche ed ex vicecapo di Stato Maggiore – tratteggia un quadro impietoso delle capacità difensive del Paese.
Secondo il generale, la Polonia ha fallito per decenni nello sviluppo di una strategia coerente, sia sul piano industriale sia su quello militare, e oggi si trova “in ritardo di almeno vent’anni” rispetto alle esigenze imposte dalla minaccia russa.
Borsuk: successo contemporaneo o progetto vecchio di 60 anni?
La consegna dei veicoli da combattimento Borsuk all’esercito ha acceso entusiasmo e orgoglio nazionale. Komornicki, però, invita alla cautela. Ricorda che l’idea alla base del progetto risale addirittura agli anni ’60 e che un primo vero programma di ammodernamento dei mezzi di fanteria era stato concepito nel 1992.
Quell’iniziativa, spiega, fu poi congelata a causa delle decisioni politiche degli anni ’90, quando “ci si illudeva sul volto democratico della Russia”. Il lavoro riprese soltanto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che mise a nudo anni di ritardi e omissioni.
Pur criticando i tempi, Komornicki riconosce al Borsuk un valore operativo significativo: “Ha una buona protezione, un cannone da 30 mm di qualità, parametri solidi. È un mezzo moderno, tant’è che persino i britannici lo stanno valutando”.
Difende poi la capacità anfibia del veicolo, considerata da alcuni superflua: per il generale, invece, si tratta di un fattore cruciale per la manovrabilità e per eventuali operazioni di difesa costiera.
“La Polonia non ha una strategia di difesa”
Il generale è netto: il punto debole non è solo l’equipaggiamento, ma la mancanza di una visione strategica.
“Non abbiamo una strategia per difendere il Paese. Non esiste più nemmeno l’Ottava Divisione di Difesa Costiera. E pensare che la minaccia da Kaliningrad sia svanita è un errore gravissimo”.
Komornicki denuncia anche scelte infrastrutturali che, secondo lui, hanno addirittura indebolito le difese naturali del territorio. L’esempio più clamoroso riguarda l’abbattimento di oltre 150 km di foresta lungo il confine: “I carri armati non attraversano foreste secolari… e noi le abbiamo rase al suolo. È un crimine”.
Una critica simile riguarda le barriere statiche – “ricci di cemento”, filo spinato – installate senza una reale analisi operativa del terreno.
Risorse europee, ma manca una visione
La Polonia avrà accesso a 43,7 miliardi di euro dal programma europeo Safe per rafforzare la difesa. Il ministro Władysław Kosiniak-Kamysz ha spiegato che gran parte dei fondi potrà essere destinata all’industria nazionale, con un potenziale investimento nell’economia polacca.
Komornicki, però, avverte: senza una strategia, anche le risorse più ingenti rischiano di essere sprecate.
Secondo lui la Polonia soffre di una cronica mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo, di un’eccessiva burocrazia che frena l’iniziativa privata e di una totale disconnessione tra ricerca militare ed economia civile: “Non si può solo consumare denaro dei contribuenti: bisogna trasformarlo in sviluppo, posti di lavoro, tecnologie”.
L’esempio occidentale e la necessità di autonomia
Il generale cita le pratiche industriali dell’Occidente, dove le aziende propongono la vendita di equipaggiamenti già in fase di prototipo, ottenendo così anticipi che finanziano la ricerca. Un modello, secondo lui, totalmente ignorato dalla Polonia.
Il Paese – insiste – deve costruire una propria autonomia nella produzione bellica: “In caso di conflitto non ci sarà tempo per aspettare forniture da Stati Uniti o Corea. Le catene di approvvigionamento potrebbero bloccarsi”.
Critica anche l’acquisto di mezzi usati dall’estero, come gli Stryker americani: “Accettiamo ciò che altri vogliono rottamare. È come comprare un gatto nel sacco”.
Le zone umide e le foreste come barriera naturale contro le invasioni
Komornicki punta il dito contro l’abbandono delle difese naturali – zone umide, foreste, canali – che storicamente hanno costituito ostacoli formidabili per un esercito invasore.
“Il terreno deve essere utilizzato al massimo per fermare il nemico”, afferma. E denuncia la scelta del governo di “cementificare il confine” invece di studiarlo e adattarlo: “La difesa è sorpresa, conoscenza del terreno, analisi. Questo lavoro un tempo veniva svolto da intere unità specializzate. Oggi è stato dimenticato”.
Il generale sottolinea anche la necessità di investire nei sistemi idrici: dal periodo comunista non è stato costruito un solo nuovo canale. Ripristinare e collegare i laghi della Masuria, sostiene, avrebbe sia valore difensivo sia impatto economico e turistico.
La Polonia è pronta a un conflitto? La risposta è no
La conclusione di Komornicki è chiara: la Polonia non è preparata a un conflitto su larga scala e continua a muoversi in modalità reattiva.
La consegna dei Borsuk è positiva, ma arriva “con vent’anni di ritardo”. E l’enorme fabbisogno di missili Patriot o Himars ordinati agli Stati Uniti, afferma, dimostra la fragilità di una difesa che si basa soprattutto sull’importazione.
Secondo il generale, la guerra in Ucraina ha dimostrato che l'Europa ha solo soldi. Può comprare non da se stessa, ma dall'industria statunitense
“Se la nostra capacità dipende dai ritmi dell’industria americana, allora non abbiamo autonomia. E allo stesso tempo dobbiamo aiutare l’Ucraina e costruire uno scudo europeo”.
Tra aspirazione e necessità
Per il generale, la Polonia ha potenziale industriale e capitale umano per raggiungere la vera autosufficienza, ma servono un cambio di mentalità e una deregolamentazione che permetta alle imprese private di contribuire allo sviluppo delle tecnologie militari.
“Abbiamo giovani talentuosi, ingegneri, specialisti. Tutto è possibile, basta pensare in termini di Stato”.
E conclude con un monito: “Lo Stato e le forze armate sono al servizio della società. La nostra raison d’état è garantire pace, sviluppo e sopravvivenza della nazione. Ogni decisione deve essere subordinata a questo”.
Today