Riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza Onu per l’ampliamento militare israeliano a Gaza

Su richiesta di Regno Unito, Francia, Slovenia, Danimarca e Grecia, domenica gli ambasciatori presso le Nazioni Unite si sono riuniti per una riunione d’urgenza al Consiglio di Sicurezza dell'Onu per discutere della situazione a Gaza dopo la decisione di Israele di espandere l'offensiva militare a Gaza.
Nel briefing introduttivo, Miroslav Jenča, vicesegretario generale Onu per Europa, Asia centrale e Americhe, ha avvertito che il piano del governo israeliano per un’operazione militare ampliata a Gaza City potrebbe avere conseguenze di vasta portata. “L’ultima decisione del governo di Israele rischia di innescare un altro capitolo orribile in questo conflitto, con potenziali ripercussioni oltre Israele e i Territori palestinesi occupati”, ha dichiarato, pur ammettendo che “al momento abbiamo informazioni ufficiali limitate sui piani militari israeliani”.
Jenča ha aggiunto che, se attuati, i piani potrebbero “scatenare un’ulteriore calamità a Gaza, con effetti in tutta la regione, provocando nuovi sfollamenti forzati, morti e distruzioni, aggravando l’insopportabile sofferenza della popolazione”.
Sbagliata la decisione di Israele
James Kariuki, vice rappresentante permanente del Regno Unito presso l’Onu, ha invitato il governo israeliano a revocare la decisione: “Questa decisione è sbagliata”, ha detto, sottolineando che l’espansione delle operazioni militari “non porterà alla fine del conflitto, ma a ulteriore spargimento di sangue”.
Ha aggiunto che molti familiari degli ostaggi hanno avvertito che la mossa “non farà nulla per garantirne il ritorno, ma rischia invece di mettere ulteriormente in pericolo le loro vite”.
Kariuki ha ribadito che Hamas deve disarmare e non potrà avere alcun ruolo futuro nella governance di Gaza, dove l’Autorità Palestinese dovrà invece avere una funzione centrale.
Sandra Jensen Landi, vice rappresentante permanente della Danimarca, ha posto l’accento sulla crisi umanitaria: “Per mesi il mondo ha assistito con disperazione al peggioramento quotidiano delle condizioni a Gaza”.
Ha definito “inaccettabile” l’uccisione di civili affamati in cerca di cibo e ha chiesto indagini trasparenti su questi episodi, esortando “le parti in conflitto a smettere di seppellire la pace sotto le macerie”.
La posizione di Israele al Consiglio di Sicurezza dell'Onu
In netto contrasto, la rappresentante statunitense Tammy Bruce ha accusato alcuni governi critici verso Israele di aiutare Hamas: “L’incontro di oggi è emblematico del ruolo controproducente che troppi governi in questo Consiglio e nel sistema Onu hanno avuto su questo tema”, ha affermato, sostenendo che “invece di fare pressione su Hamas, hanno incoraggiato e premiato la sua intransigenza, prolungando la guerra e regalando vittorie di propaganda ai terroristi”.
Il rappresentante israeliano ha confermato le dichiarazioni del primo ministro Benjamin Netanyahu secondo cui Israele “non ha intenzione né desiderio di occupare permanentemente Gaza”. L’obiettivo dell’ultima decisione, ha detto, è liberare la Striscia da un “regime del terrore”. Durante la riunione sono stati illustrati i cinque principi adottati dal gabinetto di sicurezza israeliano per porre fine alla guerra: il disarmo di Hamas, il ritorno di tutti gli ostaggi, vivi o morti, la smilitarizzazione della Striscia di Gaza, il controllo di sicurezza israeliano nell’area, e l’istituzione di un’amministrazione civile pacifica, non israeliana, governata né da Hamas né dall’Autorità Palestinese.
Il rappresentante permanente della Palestina, Riyad Mansour, ha invece sostenuto che Israele non sta prolungando la guerra per disarmare Hamas, ma per “impedire la nascita di uno Stato palestinese”, avvertendo la comunità internazionale che “le vostre azioni di oggi determineranno il destino di milioni di persone domani, almeno di quelle che sopravvivranno, e il destino della nostra regione per generazioni a venire”.
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