Esodo dei palestinesi da Gaza City: 400mila verso sud della Striscia, decine di morti

Almeno 51 persone sono rimaste uccise nei bombardamenti mercoledì dell'esercito israeliano (Idf) sulla Striscia di Gaza (38 solo a Gaza City), dopo il centinaio decedute nel primo giorno di offensiva di terra sul Gaza City.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza, il conto delle vittime a Gaza dall'inizio della guerra ha superato quota 65mila.
Tra gli oltre 150 siti colpiti (tunnel, edifici utilizzati da gruppi islamisti, cellule di miliziani e altre infrastrutture), c'è l'ospedale pediatrico Al-Rantisi, secondo le autorità locali, che hanno parlato di tre bombardamenti e di una quarantina di pazienti costretti ad evacuare.
Sono circa 400mila i palestinesi che hanno lasciato nelle ultime ore la maggiore città del territorio palestinese, secondo i calcoli dell'Idf, sul milione circa di residenti stimati dalle Nazioni Unite.
A causa del numero di sfollati che intasa la strada Al-Rashid, che segue la costa mediterranea, i militari hanno annunciato che sarà aperta una seconda via di evacuazione, su Salah a-Din, l'arteria principale che collega il nord e il sud di Gaza.
La strada rimarrà praticabile fino a mezzogiorno di venerdì, ha reso noto su X il portavoce per l'arabo dell'Idf, Avichay Adraee.
La gente si dirige verso l'area di Khan Younis, dove si trova la zona umanitaria di Al-Mawasi, che non è stata tuttavia esente in questi mesi da stragi dei colpi israeliani.
Secondo alcun media, tuttavia, la saturazione degli spazi per i profughi e la mancanza di servizi minimi hanno spinto un migliaio di residenti a tornare di Gaza City.
L'ufficio stampa del governo di Hamas nella Striscia parla addirittura di 15mila persone a ritornare a Gaza City a causa delle condizioni di vita impossibili nel sud.
Internet e telefoni sono fuori uso, a causa degli attacchi israeliani alle principali linee di rete nel nord di Gaza.
L'assalto della città, casa per casa, della fanteria con corazzati telecomandati è la seconda fase dell'operazione Carri di Gedeone, lanciata da Israele dopo una prima invasione della Striscia fino all'estremo sud, seguita dalla riorganizzazione dei miliziani di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi nel nord del territorio.
Secondo i vertici militari di Tel Aviv, l'operazione dovrebbe durare "mesi" e con tutta probabilità non diminuirà di intensità fino alla visita del premier israeliano alla Casa Bianca il 29 settembre, annunciata dallo stesso Netanyahu.
La sua scelta di insistere sulla forza invece che sui negoziati, che sembrano orami chiusi dopo il tentato omicidio in Qatar degli emissari di Hamas, divide però Israele.
Dimostranti si sono accampati martedì davanti alla residenza del primo ministro a Gerusalemme. Tra questi c'erano famigliari degli ostaggi, le cui speranze di rivedere la ventina di loro ritenuti ancora in vita, si affievolisce con il passare dei giorni.
Intanto, una fonte di Hamas ha rivelato che le Brigate Qassam hanno spostato gli ostaggi israeliani in diverse località di Gaza per evitare il loro ferimento.
La fonte ha anche sottolineato che "c'è timore per la vita degli ostaggi a causa dei violenti bombardamenti israeliani".
La proposta del ministro spagnolo Albares
Nel frattempo, la Commissione europea ha proposto un pacchetto di sanzioni a Israele che prevedono l'aumento dei dazi su alcuni prodotti israeliani e l'imposizione di sanzioni a dieci leader di Hamas, ai coloni israeliani e a due membri del gabinetto di Netanyahu: Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza, e Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze.
Dalla Spagna arriva intanto la proposta del ministro degli Esteri José Manuel Albares, che ha dichiarato che il suo Paese collaborerà con la Norvegia "per mettere sul tavolo un fondo" che aiuti a compensare il governo palestinese in Cisgiordania per le entrate fiscali trattenute da Israele.
"Israele sta cercando di annientare l'idea e la possibilità di uno Stato palestinese con le bombe a Gaza in un vero e proprio massacro", ha detto Albares durante una visita in Egitto.
Nuovo appello per la pace a Gaza di Leone XIV
l Papa, alla fine dell'udienza generale di mercoledì, ha espresso la sua "profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza, che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili costretto con la forza a spostarsi, ancora un a volta, dalle proprie terre".
Le parole del Pontefice sono state accolte dai fedeli in Piazza San Pietro con un applauso. Leone XIV ha dunque lanciato un nuovo appello sulla situazione umanitaria a Gaza "davanti al Signore Onnipotente che ha comandato 'Non ucciderai' e al cospetto dell'intera storia umana".
"Rinnovo l'appello al cessate il fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica dei negoziati, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale", ha concluso Papa Leone, "invito tutti ad unirsi alla mia accorata preghiera affinché sorga presto un'alba di pace e di giustizia".
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