Italia, giudici di Roma bocciano ancora il trattenimento dei migranti nel Cpr in Albania
La sezione immigrazione del tribunale di Roma ha sospeso la convalida delle ordinanze di trattenimento dei sette migranti trasferiti la settimana scorsa nel centro di permanenza per il rimpatrio costruito dall'Italia in Albania.
La pronuncia di lunedì blocca per la seconda volta il tentativo del governo italiano di avviare il modello di esternalizzazione dell'accoglienza e rimpatrio dei migranti sulla base di un accordo firmato con Tirana lo scorso anno, e a cui parte dell'Europa ha guardato con interesse.
I sette richiedenti asilo provengono da Egitto e Bangladesh, i due Paesi già al centro da settimane dello scontro tra la magistratura e il governo, che ha prima impugnato la decisione del tribunale di Roma del 18 ottobre davanti alla Corte di Cassazione (si pronuncerà il 4 dicembre) e poi ha agito a livello politico.
A fine ottobre il Consiglio dei ministri ha infatti approvato un decreto legge con la lista aggiornata dei cosiddetti "Paesi sicuri" per i migranti, con l'intento di aggirare l'ostacolo giuridico imposto dal diritto comunitario con una norma di rango superiore rispetto al precedente decreto interministeriale.
Ma l'ordinamento parla chiaro: in caso di contrasto, il diritto europeo prevale sulle norme nazionali.
I sette migranti verranno dunque trasferiti in Italia e in condizione di libertà, come già accaduto al primo gruppo il mese scorso, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia europea (Cge) già adita sul caso da diversi tribunali italiani.
Come prevedibile, i giudici hanno mantenuto la linea già espressa nella precedente decisione, motivata dal fatto che la procedura di frontiera "accelerata" con cui erano state respinte le richieste d'asilo per dodici migranti è applicabile solo a persone non vulnerabili e soprattutto provenienti da Paesi considerati "sicuri".
Per i giudici Bangladesh ed Egitto non sono "sicuri", sulla base della recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, che sostiene che per essere considerato sicuro un Paese deve esserlo in ogni sua parte e per ogni categoria di cittadino.
Quali sono le motivazioni dei giudici di Roma per il rientro dei migranti
''Ferme le prerogative del Legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto, la corretta applicazione del diritto dell'Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana'', ha argomentato nella decisione Luciana Sangiovanni, presidente della Sezione per i diritti della persona e immigrazione del tribunale civile di Roma.
Nella nota Sangiovanni ha precisato che ''l'esclusione di uno Stato dal novero dei Paesi di origine sicuri non impedisce il rimpatrio e/o l'espulsione della persona migrante la cui domanda di asilo sia stata respinta o che comunque sia priva dei requisiti di legge per restare in Italia", di fatto bocciando solo il rimpatrio per così dire automatico verso alcuni Paesi tentato dal governo italiano.
I giudici hanno anche sottolineato che la loro decisione non è nel merito della richiesta di convalida, ma che si tratta di una sospensione in vista del giudizio in materia atteso dalla Cge in Lussemburgo.
Lo sfogo della giudice Albano: "Io scelta come parafulmine dal governo"
Lo scontro tra magistratura e governo in Italia si è fatto incandescente sulla questione rimpatri alla vigilia della decisione del Tribunale di Roma.
"Non ho nessuna intenzione di andare allo scontro con il governo, è il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi. C'è stato un pronunciamento unanime sulla supremazia del diritto europeo e non ci si può fare nulla", ha detto domenica la presidente di Magistratura democratica Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, responsabile della mancata convalida del trattenimento di dodici migranti nel centro di rimpatrio in Albania lo scorso 18 ottobre.
"Credo che tutto quello che è successo finora sia molto, molto grave e molto problematico. Io sono stata scelta come parafulmine, si è scatenata una campagna personalizzata su di me, fomentata da alcuni giornali e trasmissioni, ma anche da politici, dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in giù", ha proseguito Albano dal palco della festa in Campidoglio per i sessanta anni dell'associazione Magistratura democratica.*
La giudice è sotto sorveglianza per le minacce di morte giunte sulla sua mail e sui social, dopo che esponenti di spicco dei partiti di governo hanno lanciato pesanti accuse alla magistratura, accusandola di essere "politicizzata" o addirittura in combutta con l'opposizione di sinistra per sabotare le decisioni dell'esecutivo.
"Il fatto che chi cerca di applicare la Costituzione venga appellato come 'giudice comunista' mi preoccupa molto per lo stato della nostra democrazia e per il suo futuro", ha aggiunto la giudice Albano.
"La maggioranza di governo dice che i giudici non devono ostacolare i loro piani e non devono criticare le leggi. Ma il potere giudiziario è stato creato per garantire la legalità, i costituenti hanno sancito alcuni diritti inviolabili e noi dobbiamo interpretare le leggi alla luce della Costituzione" ha concluso la magistrata.
La maggioranza di governo tra i toni distensivi di Nordio e le invettive di Salvini
"Un'altra sentenza politica non contro il governo, ma contro gli italiani e la loro sicurezza. Governo e Parlamento hanno il diritto di reagire per proteggere i cittadini, e lo faranno", ha dichiarato il vicepremier Matteo Salvini.
Salvini aveva già criticato i giudici "che stravolgono e boicottano le leggi" e che dovrebbero "avere la dignità di dimettersi, di cambiare mestiere e di fare politica con Rifondazione Comunista. Sono un problema per l'Italia".
Domenica, in videocollegamento all'incontro di Magistratura democratica, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva invece lanciato un messaggio distensivo, accolto dalla magistratura ma non dal resto della maggioranza.
"Noi vogliamo un dialogo con la magistratura proprio perché sappiamo che la magistratura è quella chiamata ad applicare le leggi. Mi auguro ci sia sempre meno una critica della magistratura al merito politico delle leggi e mi auguro un abbassamento dei toni da parte della politica nel criticare le sentenze", ha dichiarato il ministro, egli stesso un ex magistrato.
"Speriamo che la linea Nordio prevalga sulla linea Salvini", ha evidenziato il segretario generale di Magistratura democratica Stefano Musolino, che ha chiesto al guardasigilli "di far cambiare atteggiamento" al ministro dei Trasporti, "per uscire fuori da questa grettezza istituzionale".
Anche il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ha parlato di una condizione "inaccettabile" per i giudici, che vivono una situazione "addirittura peggiorata" rispetto ai tempi di Silvio Berlusconi.
"Perché prima le 'toghe rosse' erano i pubblici ministeri, mentre ora le toghe rosse sono dappertutto, anche nei tribunali civili", ha concluso Santalucia, "e diventa rosso chiunque assuma un provvedimento non gradito".
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