Siria, quali potrebbero essere le strategie del nuovo governo
"Ora è tempo che questo popolo possa vivere un po' di stabilità e di calma”. A dichiararlo è stato il primo ministro della Siria ad interim Mohammad al-Bashir in un'intervista nella quale ha illustrato le intenzioni del nuovo esecutivo. Tuttavia, la situazione rimane estremamente magmatica nella nazione mediorientale, poiché sono molteplici gli attori che possono giocare un ruolo nel prossimo futuro, e che non hanno ancora rivelato le loro intenzioni.
Al-Julani trasformerà il suo gruppo in un movimento meno militare e più politico?
''Ciò mostra che, almeno nella prima fase, non assisteremo a un'instabilità prolungata, ma a un tentativo di far funzionare in qualche modo la Siria come uno Stato normale - ha commentato Triantafyllos Karatrantos, esperto di relazioni internazionali e di sicurezza -. D'altra parte, lo stesso al-Julani parla di un periodo di transizione piuttosto lungo, fino a quando non ci saranno delle elezioni. Resta da capire se alla fine trasformerà, come pare, il gruppo Hayat Tahrir al-Sham in un movimento più politico, ovvero se lui stesso si trasformerà da coordinatore di operazioni militari in figura politica".
L'analista si chiede quindi cosa possa comportare tale passaggio: "Al-Julani cercherà alleati, qualcuno che si occupi dell'organizzazione se diventerà politica. Ma chi ci starà? Assisteremo a un modello simile all'Afghanistan? Quale sarà il ruolo delle potenze occidentali e soprattutto di quelle che attualmente hanno una grande influenza, come la Turchia? Ci sono molte domande, ma al momento tutto ruota intorno a al-Julani''.
Il rischio di un ritorno al 2011: uno scenario che avvantaggerebbe l'ISIS
Israele, che da mesi bombarda obiettivi in Siria, ha dichiarato l'intenzione di creare una “zona demilitarizzata” lungo il confine meridionale della Siria, dopo aver bombardato anche la Marina di Damasco. Secondo Karatrantos, "il grande interesse sia per Israele che per gli Stati Uniti è che la Siria non torni ad essere ciò che era nel 2011. Per non creare un'opportunità strategica per altre organizzazioni, come l'ISIS, di conquistare territori e sviluppare una nuova ondata di terrorismo".
Per molti dei 14 milioni di siriani costretti a fuggire dalle loro case dall'inizio della guerra civile, la domanda adesso è però più semplice: si chiedono se e quando potranno tornare a casa.