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Ungheria al voto: Orbán resiste, ma la sfida elettorale è più aperta che mai

• Dec 22, 2025, 10:01 PM
4 min de lecture
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La campagna elettorale in Ungheria è entrata nel vivo con largo anticipo: mancano quasi quattro mesi al voto, ma il confronto politico è già acceso. I sondaggi raccontano due storie diverse. Da un lato, gli istituti indipendenti indicano un vantaggio del 4-8 per cento per Tisza, il partito di opposizione di centro-destra guidato da Péter Magyar.

Dall’altro, i sondaggisti vicini al governo continuano a registrare un ampio margine a favore del Fidesz del primo ministro Viktor Orbán, al potere da quasi 16 anni con una supermaggioranza che gli ha consentito di riscrivere la Costituzione e ristrutturare profondamente il Paese.

Un punto di convergenza, però, esiste: tutti concordano sull’andamento delle tendenze nel tempo. Ed è proprio su questi cambiamenti che si concentra l’analisi di Andrea Szabó, ricercatrice accademica specializzata nello studio dei gruppi sociali in Ungheria, intervistata da Euronews.

Chi ha sostenuto Orbán nel 2022

Alle elezioni del 2022, Fidesz ottenne il suo risultato più forte grazie a un sostegno trasversale. Secondo Szabó, il partito era solido in quasi tutti i gruppi sociali, con solo due lievi eccezioni: Budapest e i giovani sotto i 30 anni. Il consenso più alto si concentrava nei villaggi e nelle piccole città, dove la popolazione è mediamente più anziana e con un livello di istruzione inferiore alla media. Tuttavia, il successo complessivo fu tale da compensare ampiamente queste differenze.

Inflazione e austerità: l’erosione del consenso

Dopo il 2022, però, la situazione è cambiata. L’aumento dell’inflazione e l’introduzione di misure di austerità hanno iniziato a erodere la base elettorale di Fidesz. Prima si sono allontanati gli “swing voters”, elettori che avevano scelto Orbán all’ultimo momento per paura della guerra in Ucraina. Poi, nel 2023, anche una parte dei cosiddetti “ring voters”, sostenitori meno ideologizzati che avevano bisogno di giustificare razionalmente il loro voto.

Nel 2024, spiega Szabó, sono rimasti soprattutto gli elettori più fedeli, legati a Fidesz per identità. Oggi il profilo tipico dell’elettore di Orbán è quello di una persona sopra i 60 anni, residente in una piccola città, con istruzione medio-bassa, spesso religiosa e più frequentemente donna. Il consenso tra i giovani, invece, è crollato, bloccando il ricambio generazionale del partito.

Soldi e paura: le leve del passato funzionano ancora?

Nel 2022, due fattori furono decisivi: generosi incentivi finanziari pre-elettorali e la paura della guerra. Tuttavia, secondo la ricercatrice, la vittoria di Fidesz era già consolidata prima dell’invasione russa dell’Ucraina: il conflitto non decise il vincitore, ma ampliò il margine di vittoria.

Oggi lo scenario è diverso. I dati più recenti mostrano che, tra l’estate e l’autunno 2025, Fidesz è riuscito a frenare l’ascesa di Tisza e a recuperare alcuni punti percentuali. Ma a dicembre la rimonta si è arrestata, segno che gli annunci economici non stanno producendo lo stesso effetto del passato. L’impatto reale dei nuovi incentivi – sgravi fiscali, bonus salariali, aumenti di stipendio e una nuova “quattordicesima” – sarà visibile solo all’inizio del 2026.

Il ruolo decisivo delle piccole comunità

Un elemento chiave della competizione elettorale riguarda le piccole città e i villaggi. Qui entrano in gioco i cosiddetti gruppi “localmente integrati”: sindaci, commercianti, parrucchieri, macellai, figure che fungono da opinion leader e filtrano le informazioni per le comunità locali.

Storicamente, questo segmento ha sostenuto Fidesz. Tuttavia, alle elezioni amministrative del 2024, molti sindaci legati al partito di Orbán sono stati sconfitti, sostituiti da candidati civici o dell’opposizione. Se il rapporto di forza in queste aree dovesse passare da un tradizionale 60-30% a un più incerto 50-50, si tratterebbe di un cambiamento profondo.

Natale, guerra e mobilitazione

Secondo Szabó, uno snodo cruciale sarà il periodo natalizio, quando famiglie e comunità si riuniscono e la politica entra inevitabilmente nelle conversazioni private. Un altro fattore potenzialmente decisivo è l’evoluzione della guerra in Ucraina. Un eventuale accordo di pace, soprattutto se firmato in Ungheria con un ruolo centrale di Orbán, potrebbe rafforzare enormemente il premier.

Infine, come sempre, tutto si giocherà sulla mobilitazione il giorno del voto. Non basta vincere a livello nazionale: occorre prevalere collegio per collegio. “Le elezioni sono sempre una gara di mobilitazione”, avverte Szabó. E nei prossimi mesi, conclude, il clima politico in Ungheria promette di essere particolarmente turbolento.


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