Siria, terminata l'operazione militare contro i lealisti di al-Assad

Il nuovo governo provvisorio siriano ha annunciato la fine di un'operazione militare durata giorni contro i combattenti fedeli all'ex presidente Bashar al-Assad. L'annuncio è arrivato nella giornata di lunedì 10 marzo, e segna la conclusione dei più duri combattimenti da quando la lunga guerra civile è terminata, nello scorso mese di dicembre. Ciò nonostante, l'Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che uomini armati legati al ministero della Difesa stanno ancora combattendo nella regione costiera di Baniyas.
Il governo di Damasco tenta di esercitare la propria autorità in tutta la Siria
Le violenze sono cominciate con un attacco a sorpresa, effettuato da uomini armati della comunità alawita, contro una pattuglia della polizia nei pressi della città portuale di Latakia. Ne sono scaturiti scontri in tutta la regione, che hanno contrapposto gruppi fedeli al nuovo governo e lealisti di Assad.
Come facilmente immaginabile, d'altra parte, il nuovo esecutivo di Damasco ha incontrato difficoltà nell'esercitare la propria autorità in tutto il Paese, così come nel raggiungere accordi politici con altre comunità, come i curdi del nord-est e i drusi del sud.
"Ai rimanenti fedeli del regime sconfitto e ai suoi ufficiali in fuga, il nostro messaggio è chiaro ed esplicito", ha dichiarato il portavoce del ministero della Difesa, il colonnello Hassan Abdel-Ghani. "Se tornate, torneremo anche noi e troverete davanti a voi uomini che non si arreneranno e che non avranno pietà di coloro le cui mani sono macchiate del sangue di innocenti". Lo stesso responsabile militare ha precisato che le forze di sicurezza continueranno a cercare cellule dormienti di ex lealisti di Assad che potrebbero essere coinvolti nell'insurrezione.
Preoccupazione per le rappresaglie contro la minoranza alawita
A preoccupare sono tuttavia alcune immagini che mostrano attacchi effettuati per rappresaglia, da parte delle forze di sicurezza di Damasco, contro la minoranza alawita che vive principalmente nella Siria occidentale. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani negli scontri sarebbero state uccise 1.130 persone, tra cui 830 civili. Tuttavia, non è stato possibile verificare tali informazioni.
Il presidente ad interim Ahmad Al-Sharaa ha definito gli attacchi ai civili alawiti e i maltrattamenti ai prigionieri come incidenti isolati, promettendo che i responsabili di tali comportamenti dovranno rispondere delle loro azioni. Ha quindi annunciato l'istituzione di una commissione per indagare sugli eventi.
Le condanne della Commissione europea e degli Stati Uniti
La Commissione europea ha dichiarato di essere preoccupata per le notizie provenienti dalla Siria e ha condannato le uccisioni: "Siamo tutti allarmati per la situazione e per gli sviluppi in Siria, iniziati con attacchi che hanno portato all'uccisione di civili innocenti. Sono notizie orribili", ha dichiarato un portavoce dell'organismo esecutivo di Bruxelles. Che ha quindi aggiunto: "Abbiamo visto che le autorità provvisorie hanno reagito rapidamente e chiediamo che i responsabili siano consegnati alla giustizia".
Allo stesso modo, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha esortato le autorità siriane a "chiedere conto dei massacri agli autori. Gli Stati Uniti sono al fianco delle minoranze religiose ed etniche della Siria, comprese quelle cristiane, druse, alawite e curde".
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