...

Logo Pasino du Havre - Casino-Hôtel - Spa
in partnership with
Logo Nextory

Polonia, 81 anni fa l'insurrezione di Varsavia, commemorazioni per ricordare gli eroi della rivolta

• Aug 1, 2025, 7:17 AM
9 min de lecture
1

L’insurrezione di Varsavia scoppiò il primo agosto 1944 alle ore 17.00, passata alla storia come l’“ora W”.

Obiettivo dell’azione: liberare la capitale polacca dall’occupazione tedesca prima dell’arrivo dell’Armata Rossa. Per 63 giorni, il movimento di resistenza polacco, tra cui molti giovani, donne e perfino bambini, combatterono senza sosta.

Sebbene si concluse con una sconfitta militare e la quasi totale distruzione della città, la rivolta divenne un simbolo di coraggio, sacrificio e patriottismo.

In occasione dell’81esimo anniversario, in tutto il Paese si tengono cerimonie commemorative.

A Varsavia, il ricordo ha un carattere speciale: alle 17, alla Rotonda Dmowskiego, verranno accesi fuochi d’artificio e, nella Piazza del Castello, i cittadini formeranno il simbolo della Polonia Combattente. Bandiere biancorosse con l’emblema dell’ancora saranno esposte sull’edificio dell’ex Società telefonica polacco-mista di via Zielna, conquistato dagli insorti il 20 agosto 1944.

Le celebrazioni principali si svolgeranno al cimitero militare di Powązki, presso il monumento Gloria Victis, con la partecipazione di veterani, scout e rappresentanti delle più alte cariche dello Stato.

Gruppi di rievocazione storica che ricreano la rivolta di Varsavia
Gruppi di rievocazione storica che ricreano la rivolta di Varsavia Alik Keplicz/Ap

Una battaglia drammatica per la libertà e l’onore

Tra le 40mila e le 50mila persone parteciparono all’insurrezione. Il più giovane aveva appena nove anni.

Dopo lo scoppio della rivolta, l’Armata Rossa interruppe la propria avanzata e Stalin rifiutò qualsiasi tipo di aiuto. Il sostegno degli Alleati occidentali si limitò a pochi lanci aerei, che ebbero scarso impatto sull’esito dei combattimenti.

Malgrado l’inferiorità numerica e la scarsità di armi e munizioni, gli insorti resistettero per due mesi contro le forze tedesche. La capitolazione arrivò il 3 ottobre 1944.

Fu la più grande insurrezione armata organizzata da un esercito clandestino nell’Europa occupata. Morirono circa 18mila insorti e altri 25mila rimasero feriti. Le perdite tra i civili furono devastanti: circa 180mila vittime. Quasi mezzo milione di persone furono deportate da una Varsavia in macerie, quasi completamente rasa al suolo dai nazisti.

Lo storico prof. Wiesław Wysocki sottolinea che la rivolta non fu un atto di disperazione, ma una scelta necessaria: “Anche se non ci fosse stata la rivolta, l’effetto sarebbe stato lo stesso. La città non sarebbe stata distrutta, ma sarebbe diventata un cimitero. Senza la rivolta non avremmo quella motivazione storica che ogni generazione eredita: che è necessario combattere, anche quando non c’è speranza di vittoria.”

Il veterano Antek ricorda la rivolta

Il professor Leszek Żukowski, nome di battaglia "Antek", aveva 15 anni quando si unì all’insurrezione come esploratore e ufficiale di collegamento nei Reggimenti Grigi. Venne a conoscenza dell’ordine di combattere solo poche ore prima dell’inizio. La mancanza di armi e munizioni fu, ricorda, “la cosa più spaventosa”.

“Contavamo sull’aiuto dell’Occidente e sull’avanzata dell’Armata Rossa, ma quell’aiuto non arrivò mai.” Dopo la resa, Żukowski fu deportato nel campo di concentramento di Flossenbürg, da cui venne liberato dagli americani nel 1945.

Il Professore Leszek Żukowski, pseudonimo "Antek", Ribelle di Varsavia
Il Professore Leszek Żukowski, pseudonimo "Antek", Ribelle di Varsavia Paweł Głogowski, Euronews

Per il prof. Wysocki, la memoria dell’insurrezione non è solo un tributo al passato, ma un impegno per il futuro: “Viviamo questa tradizione non per piangere, ma per ricordarci che, se sarà necessario, anche noi dovremo stringere i pugni e avanzare verso il nemico.”

Alla domanda di Euronews se oggi i polacchi saprebbero resistere a un’eventuale invasione, ad esempio da parte della Russia, Żukowski risponde senza esitazioni: “Sì, ne sono convinto. Siamo patrioti, amiamo la nostra patria. Se sarà necessario combattere, lo faremo. La Polonia non è l’aggressore.”

Allo stesso tempo, mette in guardia sull’inerzia europea: “Credo che l’Europa si stia armando troppo lentamente e stia reagendo con ritardo alla minaccia russa.”

E conclude con il motto degli scout polacchi: “Sii pronto. È sempre attuale.”