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Dazi, Cgil: “L’Unione europea ha perso la guerra commerciale con gli Usa"

• Aug 6, 2025, 12:22 AM
4 min de lecture
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Mentre si stanno definendo i dettagli dell’accordo - per stabilire quali beni saranno soggetti alle tariffe del 15 per cento e quali invece esclusi - servirà più tempo per decidere in merito alle esenzioni. Oltre a chimica e trasporti, i settori colpiti includono moda, agroalimentare, meccanica, gioielleria e arredamento.

Intanto l'Europa ha accettato di investire 600 miliardi di euro negli Stati Uniti e di acquistare energia per 750 miliardi da Washington. L’export italiano verso gli Usa vale complessivamente circa 66 miliardi di euro. Secondo le stime iniziali dello Svimez, che includono anche il settore farmaceutico, l’introduzione di dazi al 15 per cento potrebbe comportare una riduzione del Pil di circa sei miliardi.

Cgil: “Riutilizzare il sistema SURE per difendere i posti di lavoro”

Per Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil, a trarre vantaggio dall’accordo sui dazi sono soprattutto gli Stati Uniti: ”Abbiamo dato un giudizio molto negativo sull’accordo quadro”, ha dichiarato a Euronews.

“L’Unione Europea non ha evitato la guerra commerciale con gli Usa: prima l’ha subita senza reagire, poi l’ha persa con una resa incondizionata da parte della Commissione e dei governi nazionali. Mentre le merci europee saranno soggette a dazi generalizzati di almeno il 15 per cento - che si sommano alla svalutazione del dollaro, con un ulteriore impatto del 13-14% - quelle statunitensi non pagheranno nulla. E già questo basterebbe”.

Ferrari lancia poi un allarme sull’occupazione: "Nel breve termine, è fondamentale proteggere i lavoratori dei settori colpiti. La nostra proposta è di riutilizzare il modello SURE, sperimentato durante la pandemia, cioè un sistema di ammortizzatori universali finanziato con risorse europee, per tutelare i redditi e i posti di lavoro”.

E aggiunge: “La seconda priorità è mettere in campo misure per impedire le delocalizzazioni verso gli Stati Uniti, aggravate dall’impegno - ancora poco chiaro - della Commissione Von der Leyen a investire 600 miliardi negli Stati Uniti”.

Ferrari: “Rafforzare l’industria europea con una nuova strategia”

Ferrari sottolinea che il tema dei dazi si inserisce in un contesto più ampio di crisi industriale in Europa: ”Stiamo già attraversando un processo di deindustrializzazione che coinvolge tutta l’Europa, Italia e Germania comprese. Il modello manifatturiero europeo è in crisi, e i dazi potrebbero dargli il colpo di grazia”.

"È evidente che senza industria si perde sovranità reale, capacità di generare ricchezza, attrarre investimenti e promuovere innovazione: tutte debolezze strutturali per l’Europa”, aggiunge Ferrari.

“Serve quindi una profonda revisione della strategia economica e industriale dell’Ue. Vanno superate le politiche di austerità: il ritorno del Patto di stabilità ha bloccato la possibilità di rilanciare gli investimenti nazionali. Servono politiche espansive, come quelle avviate con il Next Generation EU. I miliardi promessi da Von der Leyen a Trump dovrebbero essere destinati a questi obiettivi”.

Federvini: “Si è evitato il peggio. Trattare a oltranza per esentare alcune categorie”

Secondo Giacomo Ponti, presidente di Federvini, pensare di evitare del tutto i dazi a livello europeo è un’illusione: "In alcuni casi il colpo è stato più duro per altri Paesi che non per l’Italia”, spiega. “Le stime sono utili, ma bisogna guardare ai fatti. Abbiamo già incontrato la task force del ministero degli Esteri e fatto presente che le autorità devono trattare a oltranza per ottenere l’esenzione dalla barriera tariffaria del 15 per cento per alcune categorie”.

“Il dazio non ci piace”, aggiunge, “ma bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno: si è evitata un’escalation. Se l’Ue avesse risposto con un 20 per cento su tutti i beni, il 15 per cento statunitense sarebbe salito al 30 e così via”. Per Federvini, gli Stati Uniti non dovrebbero vedere l’Europa solo come un partner commerciale, ma come un vero alleato.

“Non far aumentare i prezzi al consumo. Importante mantenere alta la domanda”

Siamo in una fase in cui si esaminerà voce doganale per voce doganale per cercare eventuali esenzioni per i prodotti italiani colpiti. La nostra posizione è chiara: alcuni beni che non si possono produrre negli Stati Uniti non dovrebbero essere soggetti a dazio”, conclude Ponti.

"L’obiettivo delle categorie che rappresentiamo è evitare aumenti dei prezzi al consumo, distribuendo l’impatto del dazio lungo la catena del valore. Ogni euro fatturato in Italia genera un impatto economico pari a 4,5 - se non 5 - euro per le aziende statunitense operanti sul loro territorio”.


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