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Fondo europeo per l’accesso all'aborto? La Commissione verso una risposta entro il 2026

• Oct 3, 2025, 10:17 AM
3 min de lecture
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Alla 26esima settimana di gravidanza, la croata Mirela Čavajda ha scoperto che il suo bambino era affetto da una grave patologia e che sarebbe nato con condizioni incompatibili con la vita. Nonostante la legge croata consenta l’interruzione in simili circostanze, i medici di quattro ospedali di Zagabria hanno rifiutato di assisterla, invocando ragioni etiche o la mancanza di mezzi adeguati.

Costretta a recarsi in Slovenia, una commissione ha approvato la sua richiesta di aborto, ma la procedura le è costata circa 5.000 euro.

Il caso del 2022 ha suscitato proteste diffuse e una raccolta fondi di 29.000 euro da parte di Ong e cittadini, diventando un simbolo delle difficoltà di accesso all’aborto in Croazia, dove circa un medico su sei è obiettore di coscienza.

Restrizioni e proteste a Malta

A Malta, l’aborto è vietato in tutte le circostanze, con la sola eccezione introdotta di recente per i casi in cui la vita della madre sia in pericolo.

Nel 2022, la vicenda di Andrea Prudente, incinta di 16 settimane e colpita da un aborto spontaneo incompleto durante la luna di miele, ha fatto il giro del mondo. Impossibilitata ad abortire sull’isola, è stata trasferita in Spagna, dove i medici hanno completato la procedura.

Il caso ha costretto il parlamento maltese a discutere una parziale revisione della legge, pur restando tra le più restrittive dell’Ue.

La Polonia e la sentenza del 2020

In Polonia, la Corte costituzionale ha vietato nel 2020 l’aborto anche nei casi di gravi anomalie fetali. La sentenza ha ridotto drasticamente l’accesso alle interruzioni di gravidanza e portato a episodi drammatici.

Nel 2021, la morte di Izabela, deceduta di sepsi dopo che i medici avevano ritardato un aborto terapeutico, ha scatenato proteste nazionali e la condanna di tre medici. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha successivamente riconosciuto la violazione dei diritti delle donne costrette a recarsi all’estero.

My Voice, My Choice: 20 milioni di donne senza accesso

Secondo il movimento My Voice, My Choice, circa 20 milioni di donne in Europa non hanno un accesso sicuro e adeguato ai servizi abortivi. L’organizzazione ha già raccolto oltre 1 milione di firme, sufficiente per ottenere una risposta formale dalla Commissione europea.

L’obiettivo è creare un sistema di sostegno per le donne costrette a viaggiare in altri Paesi, evitando che siano Ong o singole persone a dover coprire spese mediche spesso proibitive.

La risposta di Bruxelles

La Commissione europea sta valutando la creazione di un fondo volontario per coprire i costi degli aborti all’estero. Il meccanismo permetterebbe agli Stati membri di scegliere se aderire, con il supporto economico dell’Ue.

Bruxelles dovrà fornire una risposta ufficiale entro marzo 2026. Tuttavia, la proposta incontra ostacoli politici significativi: alcuni Stati membri considerano l’aborto una questione morale e religiosa di competenza nazionale, richiedendo l’unanimità per ogni passo legislativo.

La Commissaria europea per l’Uguaglianza, Hadja Lahbib, ha ribadito la delicatezza della questione: “È una competenza degli Stati membri, ma spero che saremo in grado di proteggere la vita delle donne”.


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