Siria: a Damasco la Conferenza per il dialogo nazionale per ricostruire il Paese dopo la guerra
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A due mesi e mezzo dalla caduta del regime di Assad, lunedì il governo ad interim siriano ha dato il via a Damasco alla Conferenza del dialogo nazionale nel palazzo presidenziale di Damasco. Durante l'evento sul futuro del Paese il presidente ad interim Ahmed al Sharaa ha annunciato di voler istituire un comitato per la giustizia di transizione e si è impegnato a garantire il "monopolio" dello Stato sulle armi.
La conferenza segna l'inizio di una fase cruciale per la futura governance della Siria dopo una devastante guerra civile. Secondo l'agenzia governativa siriana Sana, alla conferenza partecipano circa 4mila persone, invitate dalla Commissione preparatoria per il dialogo nazionale composta da sette membri, di cui due donne.
"Come la Siria si è liberata da sola, è opportuno che si costruisca da sola - ha dichiarato al Sharaa -. Quella che stiamo vivendo oggi è un'opportunità storica ed eccezionale in cui dobbiamo sfruttare ogni momento per fare gli interessi del nostro popolo e della nostra nazione e onorare i sacrifici dei suoi figli".
Ahmed al Sharaa è stato nominato presidente ad interim a gennaio, dopo l'offensiva lanciata dal gruppo islamista radicale Hayat Tahrir al-Sham (Hts), da lui guidato con il nome di battaglia di Abu Mohammed al-Jolani.
La ricostruzione della Siria
La Siria deve affrontare sfide enormi, dalla ripresa dell'economia alla ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla guerra, alla creazione di una nuova costituzione e di meccanismi di giustizia per chi durante il regime di Assad è stato accusato di crimini di guerra.
Gli organizzatori della conferenza di Damasco hanno dichiarato di aver invitato tutte le comunità siriane. Tra i partecipanti anche donne e membri di comunità religiose minoritarie. L'evento ha lo scopo di formulare raccomandazioni non vincolanti sulle regole provvisorie del Paese in vista della stesura di una nuova costituzione e della formazione di un nuovo governo.
I nuovi leader siriani devono anche affrontare la sfida di trasformare le ex fazioni di insorti in un unico esercito nazionale.
Alcuni gruppi armati - soprattutto le Forze Democratiche Siriane (Sdf), sostenute dagli Stati Uniti e guidate dai curdi, che detengono il controllo nel nord-est della Siria - si sono rifiutati di disarmare e sciogliere le loro unità.
Le figure dell'Sdf non sono state invitate alla conferenza e un gruppo di partiti politici per lo più curdi ha dichiarato in un comunicato che la conferenza "non riflette la realtà delle componenti siriane".
Oltre alle tensioni interne, le nuove autorità siriane devono anche fare i conti con minacce esterne. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato domenica che il suo Paese non permetterà al nuovo esercito siriano o all'Hts di "entrare nell'area a sud di Damasco". Ha dichiarato che Israele intende proteggere i Drusi, una minoranza religiosa che vive nel sud della Siria e nelle alture del Golan.
Dopo la caduta di Assad, le forze israeliane si sono spostate nel territorio della Siria meridionale adiacente alle alture del Golan annesse a Israele e hanno chiarito che intendono rimanervi a tempo indeterminato.
I nuovi governanti siriani non hanno risposto direttamente all'avvertimento di Netanyahu, ma al-Sharaa ha dichiarato alla conferenza di Damasco che la Siria deve "affrontare con fermezza chiunque voglia manomettere la nostra sicurezza e unità".
Il ministro degli Esteri ad interim Asaad al Shibani ha dichiarato che le nuove autorità siriane "non accetteranno alcuna violazione della nostra sovranità o dell'indipendenza delle nostre decisioni nazionali". Ha inoltre sottolineato gli sforzi del nuovo governo per ricostruire i legami diplomatici con i Paesi arabi e occidentali e spingere per la revoca delle sanzioni imposte durante il governo di Assad.
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