"Matrix non è vostro": la regista Wachowski risponde all’uso politico della pillola rossa
Quando Matrix uscì nel 1999, una delle sue scene più celebri - Morpheus che offre a Neo la scelta tra pillola rossa e pillola blu - sembrò incidere per sempre nell’immaginario collettivo l’idea di risveglio e consapevolezza. All’epoca, il gesto era un invito a liberarsi dalla gabbia della percezione, a rompere la simulazione e scendere “nella tana del Bianconiglio”.
Col tempo però, quella metafora si è trasformata e distorta fino a diventare irriconoscibile. L’immagine della “pillola rossa”, ormai slegata dal significato originario, è stata adottata da movimenti incel, dalla “manosfera” misogina, da gruppi antifemministi, dall’alt-right e persino dai complottisti di QAnon.
In queste comunità, “prendere la pillola rossa” indica il presunto risveglio da un’immaginaria oppressione culturale progressista o femminista. Un ribaltamento radicale dello spirito del film delle sorelle Wachowski.
Lilly Wachowski: “Non puoi controllare ciò che la gente vede"
Lilly Wachowski, co-regista della trilogia insieme alla sorella Lana, è tornata sul tema nel podcast So True with Caleb Hearon. Con pragmatismo, ma anche con un certo sconforto, ha spiegato come affronta questo fenomeno di appropriazione ideologica.
"Devi lasciar andare il tuo lavoro. La gente lo interpreterà come vuole", afferma. "Guardo alle folli teorie nate intorno ai film di Matrix e alle ideologie che hanno generato e penso: 'Cosa state facendo? No! È sbagliato!'. Ma non puoi costringere tutti a credere ciò che intendevi".
Wachowski ricorda inoltre che Matrix nacque come un’allegoria dell’esperienza transgender, un tema che oggi appare quasi paradossale se confrontato con i gruppi che hanno fatto della pillola rossa un simbolo contro i diritti delle donne e delle persone Lgbtq+.
“Il fascismo si appropria di tutto”
Secondo Wachowski, la distorsione della metafora non è casuale: "L’ideologia di destra si appropria di tutto. Prende concetti della sinistra e li muta per la propria propaganda, per oscurarne il messaggio originario. È così che funziona il fascismo".
Una dinamica che, nel caso di Matrix, ha portato a uno degli esempi più evidenti di appropriazione culturale digitale degli ultimi decenni, trasformando un invito al risveglio identitario in un grimaldello propagandistico.
Un’eredità che continua a parlare soprattutto alle persone trans
Nonostante le letture distorte, Wachowski ha più volte dichiarato quanto sia grata del modo in cui il pubblico trans abbia riconosciuto nell’opera un messaggio autentico. In un video pubblicato dal Netflix Film Club per il 21° anniversario del film, ha raccontato la gioia nel vedere il significato originale finalmente riconosciuto:
"Amo quando le persone trans mi dicono: 'Questi film mi hanno salvato la vita'. Parlano di trasformazione, di immaginare l’impossibile, di costruire mondi diversi. È per questo che risuonano così profondamente. Sono grata di aver potuto lanciare una corda lungo il loro viaggio».
Un mito contemporaneo sempre in evoluzione
A venticinque anni dall’uscita, Matrix continua a essere una lente potentissima attraverso cui leggere il rapporto tra identità, realtà e narrazione politica. La pillola rossa resta un simbolo conteso, un terreno di battaglia culturale che dimostra quanto un’opera d’arte possa sfuggire di mano ai suoi stessi autori… ma anche quanto possa continuare a ispirare chi, nel messaggio originario, riconosce una storia di liberazione.
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