Affitti brevi, annullati i sequestri delle key box a Roma dopo le nuove regole sul check-in
Il sostituto procuratore di Roma, Alessandro Di Cicco, non ha convalidato il sequestro probatorio delle cosiddette "key box", rimosse la scorsa settimana dalla polizia locale della Capitale.
Le famigerate cassettine, usate dai gestori degli alloggi turistici per consegnare chiavi di stanze e appartamenti, sono recentemente finite sotto l’occhio del ministero dell’Interno, che con una circolare del 18 novembre ha imposto alle strutture ricettive l’obbligo di effettuare le procedure di check-in di persona.
La misura, tuttavia, non ha vietato l'uso delle cassette portachiavi, e la loro rimozione dalle vie del centro di Roma e il conseguente sequestro sono stati fatti su iniziativa del Comune. Il procuratore Di Cicco ha dichiarato che tale operazione è stata messa in atto "senza che venisse accertato, in via preliminare, a quali strutture ricettive esse fossero ricollegabili e se, ancor prima, il gestore o titolare di queste strutture avesse o meno proceduto a identificare personalmente gli ospiti".
Gli agenti della polizia locale, pertanto, avrebbero prima dovuto verificare se il proprietario dell’alloggio fosse andato di persona a fare il check-in degli ospiti. Ora, il Comune sarà tenuto a restituire le key box rimosse, in attesa di nuove indicazioni.
Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha dichiarato che il provvedimento, su cui si è poi basato il sequestro a Roma, si è reso necessario per "prevenire rischi per l'ordine pubblico e la sicurezza in relazione al possibile alloggio di individui pericolosi o legati a organizzazioni criminali o terroristiche".
Il ministero ha anche fatto sapere che il divieto è stato introdotto in risposta all'"intensificarsi del fenomeno degli affitti a breve termine" dovuto ai "numerosi eventi politici, culturali e religiosi in programma nel Paese", tra cui le celebrazioni del Giubileo del 2025 a Roma.
La "banda di Robin Hood" entra in azione a Trastevere
Negli ultimi mesi, le key box sono state molto contestate. Ritenute il simbolo della crisi abitativa che sta colpendo le principali città italiane, le cassette sono state spesso agente scatenante di proteste pacifiche e boicottaggi.
Nel quartiere di Trastevere, a Roma, la "banda di Robin Hood" si è fatta conoscere per la lotta silenziosa contro la proliferazione degli affitti brevi e contro l’overtourism.
Nel rione, protagonista di un processo di gentrificazione che ha allontanato i residenti e alzato vertiginosamente i prezzi degli affitti negli ultimi anni, le key box sono state sabotate e coperte con degli adesivi raffiguranti il cappello del paladino dei poveri martedì notte.
Vicino ai lucchetti, sono comparsi anche dei volantini con le istruzioni per comprometterne l'utilizzo usando delle tenaglie o una colla facilmente reperibile nei negozi di ferramenta. Poi, un manifesto, per invitare tutti a unirsi al movimento a difesa della casa.
"Non è una questione di sicurezza. Non è una questione di decoro. La casa è un diritto, non una gallina dalle uova d'oro", recita il foglio.
"Le famiglie, gli studenti, gli anziani non possono più permettersi affitti che raggiungono picchi di crescita dell’80 per cento". E ancora: "Il settore del turismo ha trasformato il quartiere in un parco divertimenti".
“Sabotiamo i sintomi di una società ingiusta. Chiediamo uno stop agli affitti brevi. Sabotiamo il Giubileo dei ricchi. Costruiamo insieme il giubileo dei poveri”, conclude la "banda", tornata in azione dopo il primo sabotaggio di quasi due mesi fa in via di San Teodoro, nel centro della Capitale.