Individuato l'amministratore del sito Phica.eu: era già noto alla Polizia postale

È stato individuato quello che gli investigatori ritengono sia l'amministratore del sito sessista Phica.eu, che nelle ultime settimane è stato oggetto di sdegno pubblico insieme al gruppo Facebook "Mia Moglie".
Su entrambe le piattaforme, ora chiuse, venivano condivise foto rubate a politiche, influencer e attrici o a donne inconsapevoli di essere state riprese.
Si tratterebbe di Vittorio Vitiello, 45 anni, originario di Pompei, in provincia di Napoli, e residente a Scandicci, in provincia di Firenze, secondo quanto riportato dal quotidiano italiano il Domani.
Vitiello sarebbe dal 2023 il titolare di una di una piccola società costituita a Genova con "l'obiettivo ufficiale di condurre campagne pubblicitarie sui social network attraverso influencer" e che negli ultimi due anni avrebbe fatturato circa 150mila euro, secondo il quotidiano.
L'uomo era già noto alla Polizia postale, che aveva iniziato a indagare su di lui nel 2019, quando lo stesso sito era già stato segnalato per la diffusione di foto di personaggi pubblici. All'epoca dei fatti, Vitiello si era mostrato collaborativo fornendo gli indirizzi IP del sito.
Questo non era bastato a fermare l'uomo che, secondo Alex Orlowsky, esperto di cyberintelligence intervistato dal Domani, avrebbe provato a truffare alcuni utenti.
"Questo Vittorio cercava di estorcere denaro alle vittime del suo sito presentandosi falsamente come collaboratore della Polizia postale e usava pseudonimi come Bossmiao, Phicamaster, Phicanet e Miao", ha detto l'esperto.
Sul sito sarebbero stati presenti anche delle guide utenti su come poter scattare foto di nascosto, piazzando microcamere nei camerini dei negozi o negli spogliatoi delle palestre.
Per continuare ad agire nell'anonimato, Vitiello si sarebbe appoggiato su server russi e cinesi.
Intanto, si è tenuto un vertice in Procura a Roma sullo scandalo del sito amministrato da Vitiello e del gruppo Facebook "Mia Moglie".
Fra i reati che potrebbero essere ipotizzati dai Pubblici ministeri romani ci sono diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, diffamazione ed estorsione.
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