L’Ungheria blocca l’Ucraina, ma l’Ue insiste: “Percorso di adesione comune con la Moldova”

L’Unione europea resta contraria a scorporare le candidature di Ucraina e Moldova, temendo che una mossa del genere possa indebolire Kiev in un momento in cui l’adesione viene vista come parte integrante delle garanzie di sicurezza.
Le due domande di ingresso, presentate quasi contemporaneamente all’inizio dell’invasione russa del 2022 e trattate finora in parallelo, sono finite sotto i riflettori negli ultimi mesi a causa del veto costante dell’Ungheria sull’Ucraina. Le imminenti elezioni parlamentari moldave del 28 settembre hanno acceso ulteriormente il dibattito: un’accelerazione nel percorso europeo potrebbe rafforzare Chișinău contro le interferenze ibride di Mosca.
“Il motivo per cui oggi c’è nuovo slancio sull’allargamento è l’Ucraina”, ha dichiarato la ministra danese agli Affari europei, Marie Bjerre, che ha ospitato a Copenaghen una riunione informale con i colleghi del Consiglio. “Non sarebbe giusto lasciarla sola: dobbiamo avanzare anche con Kiev”.
Sia Kiev che Chișinău hanno completato i requisiti tecnici per aprire il cluster dei “Fundamentals”, che riguarda temi cruciali come democrazia, diritti umani, sicurezza, giustizia e appalti pubblici. Ma l’avvio dei negoziati richiede l’unanimità.
La Danimarca, che detiene la presidenza di turno, ha promesso “massima pressione” su Budapest per superare lo stallo che dura ormai da oltre un anno.
L’Ungheria ha però ribadito le sue obiezioni, legate a guerra, sicurezza energetica e agricoltura, e ha avviato persino una consultazione nazionale per giustificare la sua posizione. “Non facciamo alcun collegamento con altri Paesi candidati”, ha affermato il ministro János Bóka. “Sosteniamo i progressi della Moldova, ma l’adesione deve restare basata sul merito”.
Molti partner europei hanno reagito con irritazione. La svedese Jessica Rosencrantz ha definito il veto “totalmente inaccettabile”, mentre il francese Benjamin Haddad ha accusato Budapest di bloccare l’allargamento per “ragioni interne”. A suo avviso, lo stallo colpisce non solo Kiev ma anche Chișinău, che pure ha compiuto passi importanti nelle riforme.
La Moldova si trova così stretta tra la volontà di avanzare e il timore di lasciare indietro l’Ucraina, impegnata in una guerra brutale. La vicepremier Cristina Gherasimov ha insistito sulla necessità di tenere unito il percorso: “È fondamentale per la nostra sicurezza e per la stabilità della regione che l’Ucraina rimanga parte di questo processo”.
Molti Stati membri temono che scorporare la Moldova significherebbe legittimare il veto ungherese e trasmettere un messaggio di divisione, proprio mentre l’Ue cerca di mostrarsi compatta nei negoziati di pace promossi da Donald Trump. Un’eventuale separazione, ha avvertito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a inizio agosto, equivarrebbe a dire che “l’Europa è divisa sull’Ucraina e sulle garanzie di sicurezza”.
Per diversi governi la questione ha una chiara valenza geopolitica. “Un’Europa unita è una risposta chiara a Russia, Cina e Stati Uniti”, ha sostenuto il deputato tedesco Gunther Krichbaum. Anche la Polonia ha mostrato prudenza: secondo il ministro Ignacy Niemczycki, la Moldova non ha chiesto formalmente di separarsi dall’Ucraina, ma “quando sarà il momento, si potrà discutere”. Intanto, ha aggiunto, “è cruciale inviare segnali positivi a Kiev, non negativi”.
Al termine della riunione, la commissaria all’Allargamento Marta Kos ha riconosciuto gli sforzi di Ucraina e Moldova, definendo entrambi i Paesi “ben preparati”, ma ha invitato a sbloccare la situazione senza rinvii. “L’allargamento dell’Ue è parte della competizione tra società libere e regimi autoritari”, ha sottolineato, avvertendo dei tentativi russi di allontanare Chișinău dal percorso europeo con pressioni ibride e finanziarie.
Un recente Eurobarometro indica che il 56 per cento dei cittadini Ue è favorevole a nuovi ingressi, mentre il 12 per cento si dice contrario. Per quanto riguarda i singoli candidati, il 52 per cento sostiene l’adesione dell’Ucraina, contro un 41 per cento di contrari.
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