Donald Trump ritira di nuovo gli Stati Uniti dall'Unesco, solo due anni dopo avervi aderito

Gli Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi nuovamente dall’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite con sede a Parigi che si occupa di educazione, scienza e cultura. La decisione, resa nota lunedì dalla portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce, entrerà in vigore alla fine di dicembre 2026.
Secondo Washington, l’organizzazione “ha deviato dal suo mandato originario” e sta promuovendo “cause sociali e culturali divisive”.
In particolare, è stata definita “altamente problematica” la decisione dell’Unesco di ammettere lo Stato di Palestina come membro a pieno titolo. “Una mossa contraria alla politica degli Stati Uniti”, ha sottolineato Bruce, “che ha alimentato la proliferazione della retorica anti-israeliana all’interno dell’organizzazione”.
È la terza volta che Washington si ritira dall’Unesco. La prima risale al 1984, durante l’amministrazione Reagan, che accusò l’agenzia di cattiva gestione e di orientamento filosovietico. Il ritorno avvenne nel 2003 con George W. Bush. Nel 2017, sotto la presidenza Trump, ci fu un secondo ritiro, anch’esso motivato da accuse di pregiudizi anti-israeliani, seguito da cinque anni di assenza.
Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno chiesto e ottenuto di rientrare nell’Unesco nel 2023, cercando di riacquisire un ruolo attivo nella diplomazia culturale globale. Ora, a distanza di appena due anni, l’annuncio di un nuovo addio.
Il contributo finanziario degli Stati Uniti, sebbene significativo, si è progressivamente ridotto negli ultimi anni. Secondo l’Associated Press, oggi rappresenta circa l’8 per cento del bilancio totale dell’agenzia. Altri Paesi avrebbero aumentato la loro quota per compensare i tagli.
L’Unesco non ha ancora rilasciato una dichiarazione ufficiale, ma si prevede che l’organizzazione proseguirà le sue attività nonostante l’ennesimo disimpegno americano.