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Emergenza fame nel mondo: come affrontare la crisi tra guerre e cambiamento climatico

• Oct 24, 2025, 3:54 PM
6 min de lecture
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Avere cibo a sufficienza è un diritto di cui gli Stati e il modello economico vigente devono farsi carico, specialmente in un mondo che è sempre più ricco. L'appello è contenuto in una dichiarazione congiunta lanciata questa settimana a Roma da Caritas Internationalis, World Vision e World Council of Churches.

L'evento ospitato dalle tre organizzazioni - la prima cattolica, le altre due protestanti - si è affiancato agli incontri della Fao sulla Sicurezza alimentare mondiale tenutisi in città dal 20 al 24 ottobre.

"Mentre il cambiamento climatico continua a manifestarsi e assistiamo al sorgere di conflitti ovunque, vediamo anche la fame utilizzata come arma di guerra ovunque. I tagli agli aiuti da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi sono motivo di grande preoccupazione", ha commentato Michael Fakhri, il Relatore speciale delle Nazioni Unite sul Diritto all'alimentazione presente all'incontro di mercoledì scorso.

Per Fakhri, che è un avvocato canadese, i tagli ai fondi umanitari decisi dall'amministrazione Trump "hanno causato subito danni e morti e in molti casi e stanno rendendo molto difficile per milioni di persone vivere una vita dignitosa".

Lo stesso tema era stato al centro di una proposta per la cancellazione dei debiti sovrani dei Paesi in via di sviluppo, presentata a giugno da un comitato di esperti incaricato da Papa Francesco di analizzare la questione in vista del Giubileo.

Fakhri (Onu): "Bisogna che le multinazionali del cibo si assumano le proprie responsabilità"

Il Relatore speciale individua anche due cause strutturali dell'emergenza alimentare.

La prima risiede nel potere accumulato dalle multinazionali del settore agroalimentare "che producono alimenti dannosi per l'uomo e l'ambiente". La seconda ha a che fare con gli Stati.

“Una delle mie maggiori preoccupazioni è l'ascesa dell'etnonazionalismo, dell'autoritarismo, del razzismo, del patriarcato. Stiamo assistendo a un uso del potere per arrecare danno e ad attacchi alle istituzioni democratiche", ha proseguito Fakhri citando i casi delle guerre in Sudan e a Gaza, "e questa è una preoccupazione non solo per quanto riguarda i sistemi alimentari, ma anche per la vita stessa come la conosciamo sul pianeta".

Tra il 2025 e il 2030, fino a 14 milioni di persone potrebbero morire a causa dei tagli agli aiuti. Eppure la ricchezza globale supera i 450 trilioni di dollari", ha dichiarato il capo economista del Programma alimentare mondiale (Wfp), Arif Husain.

"La fame persiste non per mancanza di risorse, ma per mancanza di volontà politica", ha aggiunto Husain, parlando in uno dei panel dell'evento ospitato nella sede della Caritas Internationalis nella capitale italiana.

Per questi esperti internazionali, dunque, sarebbe urgente cambiare il modello di produzione e distribuzione economica o almeno approcciarsi diversamente alla crisi alimentare.

A tal fine serve l'aiuto di tutti, incluse le organizzazioni non governative, che hanno le proprie reti e relazioni sul terreno, in particolare le associazioni di ispirazioni religiosa.

"La fede ci spinge a sfidare le disuguaglianze e a ripensare i sistemi affinché le famiglie possano prosperare con dignità e speranza", esorta Kai Hutans, responsabile delle partnership di World Vision International, "dalla Cambogia a Roma, le comunità religiose sanno chi soffre la fame e come costruire soluzioni durature".

Musamba Mubanga-Mtonga, responsabile senior per la Sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici presso Caritas Internationalis
Musamba Mubanga-Mtonga, responsabile senior per la Sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici presso Caritas Internationalis Emanuele Gualandri (Caritas Internationalis)

Mubanga-Mtonga (Caritas): "Compassione, solidarietà e giustizia devono guidare le politiche"

“Il diritto al cibo è sancito dalla legislazione sui diritti umani dal 1948, eppure 673 milioni di persone soffrono ancora di fame cronica. Le comunità religiose devono mobilitarsi per sensibilizzare l'opinione pubblica, promuovere il cambiamento e favorire l'agricoltura sostenibile, l'acqua pulita e la produzione alimentare locale”, aggiunge il reverendo Kenneth Mtata, Direttore dei programmi del World Council of Churches.

"Nel breve termine, Caritas sta reagendo alla crisi alimentare attraverso la nostra risposta umanitaria e fornendo assistenza e aiuto sotto forma di distribuzione di cibo. Ad esempio, in paesi come Gaza e Ucraina, dove Caritas è presente a livello locale", ha dichiarato Musamba Mubanga-Mtonga, responsabile senior advocacy di Caritas Internationalis per la Sicurezza alimentare e il Cambiamento climatico.

Per Mubanga-Mtonga il taglio agli aiuti ha già causato la chiusura della attività di molti partner sul campo: "Caritas è pronta ad assumersi maggiore responsabilità", di fronte al possibile vuoto creato dalla riduzione delle risorse e del personale dell'agenzie dell'Onu.

In tal senso tra gli obiettivi di lungo termine di Caritas Internationalis c'è quello di rafforzare i sistemi locali di produzione e di distribuzione del cibo.