Visto d’ingresso? Negli Usa potrebbe costarti 15.000 dollari di cauzione

Un programma pilota della durata di un anno, annunciato dal Dipartimento di Stato, prevede che i viaggiatori provenienti da Paesi con alti tassi di permanenza oltre la scadenza del visto debbano versare una cauzione compresa tra 5.000 e 15.000 dollari. L’importo sarà determinato da un funzionario consolare al momento della valutazione della richiesta. Se il viaggiatore rispetta i termini del visto e lascia il Paese entro la data stabilita, l’intera somma sarà rimborsata.
Secondo quanto riportato nel Federal Register lunedì 4 agosto, la misura è stata concepita come strumento per contrastare l’abuso dei visti temporanei e rafforzare i controlli sulle permanenze illegali. “Questo programma rappresenta un elemento chiave per garantire la sicurezza nazionale e rafforzare l’integrità del sistema dei visti”, si legge nel documento ufficiale.
Al momento, non è stato diffuso l’elenco completo dei Paesi interessati dal provvedimento. Tuttavia, l’annuncio chiarisce che le nazioni coinvolte saranno rese note con almeno 15 giorni di preavviso rispetto all’attivazione del programma. L’obbligo non riguarderà i cittadini di Paesi che partecipano al Visa Waiver Program, come gran parte dell’Europa, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda.
Secondo un rapporto del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, tra i Paesi con le percentuali più elevate di soggiorni oltre il limite legale figurano Afghanistan, Haiti, Repubblica del Congo, Ciad, Sudan, Myanmar e Guinea Equatoriale.
Il Dipartimento di Stato ha in passato evitato l’utilizzo delle cauzioni per i visti, definendo il processo di gestione e rimborso “burocraticamente complesso”. Tuttavia, con questo nuovo programma pilota l’amministrazione intende testarne l’efficacia in vista di un possibile utilizzo più esteso in futuro.
Nonostante il carattere sperimentale della misura, il suo impatto potrebbe essere significativo. Alcuni critici già segnalano che un tale esborso potrebbe scoraggiare i viaggiatori con meno risorse, limitando l’accesso legale agli Stati Uniti per motivi turistici o di lavoro. Da parte sua, il Dipartimento di Stato non ha rilasciato ulteriori commenti sull’iniziativa.