Zelensky avverte Trump di non fidarsi di Putin in vista dell'incontro in Alaska

Negli ultimi giorni, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha intensificato i contatti con i leader mondiali, effettuando decine di telefonate dopo la conferma da parte del presidente statunitense Donald Trump del suo prossimo incontro con Vladimir Putin, previsto in Alaska. “La fine della guerra deve essere giusta”, ha dichiarato Zelensky in una conferenza congiunta insieme ai leader di Francia, Italia, Germania, Polonia, Finlandia e Commissione europea, ringraziando “tutti coloro che sono oggi al fianco dell’Ucraina” e sottolineando l’importanza della pace per la sicurezza delle nazioni europee.
La dichiarazione comune dei leader europei, redatta con linguaggio diplomatico misurato, sostiene formalmente gli sforzi di Trump per porre fine alla guerra russa contro l’Ucraina, ma contiene anche un messaggio implicito di cautela: “Negoziati significativi possono aver luogo solo nel contesto di un cessate il fuoco o di una riduzione delle ostilità. Il percorso di pace in Ucraina non può essere deciso senza l’Ucraina. I confini internazionali non devono essere modificati con la forza”.
Per Zelensky, il segnale a Trump è netto. “Comprendiamo l’intenzione della Russia di cercare di ingannare l’America — non lo permetteremo”, ha detto, pur esprimendo apprezzamento per “la determinazione con cui il Presidente Trump si impegna a porre fine alle uccisioni in questa guerra”. Ha accusato Putin di essere “l’unica causa di queste uccisioni” e di manipolare chiunque entri in contatto con lui.
Il passato delle promesse di Putin
La storia recente fornisce a Kiev motivi di diffidenza. Prima dell’annessione della Crimea nel 2014 e dell’invasione su larga scala nel 2022, Putin aveva ripetutamente negato di voler attaccare l’Ucraina. Nel 2014, mentre soldati russi senza insegne — i cosiddetti “omini verdi” — prendevano il controllo di aeroporti e basi in Crimea, il Cremlino negava la loro appartenenza alle forze di Mosca. Solo a posteriori, Putin rivendicò con orgoglio l’operazione. Stesso schema nei mesi precedenti il 24 febbraio 2022, quando, nonostante l’ammassarsi di 200.000 uomini al confine, Mosca assicurava che le manovre erano “difensive” e prive di minacce verso Kiev.
Il rapporto complesso tra Trump e Kiev
Durante la campagna elettorale, Trump aveva evitato di dichiarare se desiderasse la vittoria dell’Ucraina, limitandosi a dire: “Voglio che la guerra si fermi”. Nei mesi successivi al ritorno alla Casa Bianca, aveva definito Putin un interlocutore con cui “è sempre andato d’accordo”, mentre verso Zelensky usava toni più critici, arrivando a definirlo “un dittatore senza elezioni” e accusandolo di non voler porre fine al conflitto.
Nonostante queste frizioni, l’amministrazione ucraina ha investito tempo nel ricucire i rapporti con Washington, cercando di dimostrare che l’ostacolo alla pace non è Kiev, ma Mosca. Una svolta nella retorica presidenziale è arrivata ad aprile, quando, dopo una serie di bombardamenti su Kiev, Trump scrisse su Truth Social: “Vladimir, fermati!”.
Dall’irritazione alla minaccia di sanzioni
Con la ripresa dei colloqui diretti a Istanbul, Trump ha mostrato crescente irritazione per la mancanza di risultati e per il rifiuto russo di accettare un cessate il fuoco come premessa alla pace. A luglio, di fronte all’intensificarsi degli attacchi aerei russi, ha espresso per la prima volta delusione verso Putin: “Parla così bene e poi bombarda di notte. Questo non ci piace”.
Il presidente Usa ha fissato all’8 agosto una scadenza per il cessate il fuoco, minacciando sanzioni secondarie ai partner commerciali della Russia in caso di rifiuto. Ma Mosca ha ignorato l’ultimatum, evitando comunque nuove misure punitive e ottenendo un incontro con Trump alle proprie condizioni: senza Zelensky e senza rappresentanti dell’Unione Europea.
Il vertice in Alaska
L’appuntamento del 15 agosto in Alaska segna un momento cruciale per le dinamiche diplomatiche del conflitto. “Putin ha ingannato Clinton, Bush, Obama, Biden — non ha ingannato me”, ha detto Trump. Ma il leader russo arriva al tavolo negoziale senza aver fermato la sua offensiva, ponendo fine all’isolamento internazionale e consolidando la sua posizione di forza. Per Kiev e per i partner europei, il timore è che la pace possa essere cercata a ogni costo, anche a scapito dei principi di sovranità e integrità territoriale che finora hanno guidato il sostegno all’Ucraina.
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