Russia: esteso il divieto di esportazione di benzina e diesel fino alla fine dell'anno

Il Cremlino ha deciso di estendere fino alla fine del 2025 il divieto di esportazione di benzina in vigore e di imporre, per lo stesso periodo, un divieto di esportazione di gasolio per i soggetti che non sono produttori. La misura è stata motivata con l’esigenza di "garantire ulteriormente il mercato dei prodotti petroliferi", ha spiegato il vice primo ministro Alexander Novak.
Secondo quanto precisato, l’embargo sulla benzina riguarderà tutti i partecipanti al mercato salvo le forniture coperte da accordi intergovernativi, mentre il divieto sulle esportazioni di diesel non si applicherà ai produttori. Le autorità russe presentano l’intervento come uno strumento per dare priorità al rifornimento interno davanti a una domanda stagionale crescente e a difficoltà produttive nelle raffinerie.
La stretta arriva in un contesto di carenze sul territorio: nelle ultime settimane si sono intensificate le segnalazioni di scarsità di carburante, con regioni che hanno introdotto restrizioni alla vendita e prezzi della benzina e del diesel che hanno toccato nuovi record. Problemi di approvvigionamento sono stati registrati anche nelle aree centrali del Paese, compresa Mosca e la regione di Leningrado, con lunghe code ai distributori in diverse località.
Le ragioni della carenza di carburante
Il governo attribuisce in parte le difficoltà alla domanda stagionale e alla manutenzione programmata delle raffinerie. Tuttavia, osservatori ed esperti mettono in evidenza il ruolo crescente degli attacchi ucraini contro l’infrastruttura energetica: la pressione dei raid con droni ha infatti costretto molte strutture a sospendere temporaneamente l’attività, aumentando il ricorso a fermate per riparazioni e controlli.
Negli ultimi giorni, ad esempio, droni ucraini hanno colpito la grande raffineria e complesso petrolchimico di Gazprom Neftekhim Salavat nella repubblica di Bashkortostan — a circa 1.500 km dalla linea del fronte — e la raffineria di Afipsky nel territorio di Krasnodar è stata attaccata per la seconda volta nel giro di un mese, con incendi e sospensioni di attività. Le forze ucraine hanno rivendicato alcune di queste operazioni come mirate a impianti che rifornirebbero anche servizi militari russi.
Gli attacchi ucraini alle infrastrutture energetiche
Secondo stime internazionali, gli attacchi ucraini sulle strutture petrolifere hanno finora messo fuori uso impianti che rappresentano almeno il 17 per cento della capacità di raffinazione russa, pari a circa 1,1 milioni di barili al giorno — un dato che spiega in parte la compressione dell’offerta interna e la decisione di limitare le esportazioni.
La stretta sulle esportazioni ha avuto effetti immediati sui mercati: i prezzi del greggio e dei prodotti raffinati hanno segnato rialzi significativi, con quotazioni in crescita su base settimanale a causa delle preoccupazioni per la disponibilità globale e il rischio di ulteriori interruzioni nella produzione russa.
Sul fronte politico ed economico interno, analisti e rappresentanti del settore sottolineano che la combinazione di attacchi esterni, vincoli tecnici nelle raffinerie e politiche di controllo delle esportazioni rende ancora più urgente trovare soluzioni operative per evitare che le carenze si aggravino in vista della stagione fredda. L’economista russo Vladislav Inozemtsev ha definito la strategia ucraina di colpire l’industria petrolifera come una delle leve più efficaci per ridurre la capacità operativa russa.
Restano aperte alcune delle rotte già pianificate
Le autorità russe hanno comunque escluso il divieto per le forniture previste da accordi bilaterali con altri Stati, un’eccezione che lascia aperte rotte commerciali già pianificate, mentre il governo valuta ulteriori misure di stabilizzazione del mercato qualora la domanda superi l’offerta nei prossimi mesi.
In conclusione, la decisione di Mosca di estendere il blocco sulle esportazioni di benzina e di limitare il gasolio ai non produttori rappresenta una risposta immediata alla crisi di approvvigionamento. Ma gli sviluppi sul campo — in particolare la prosecuzione degli attacchi alle raffinerie — restano il fattore chiave che determinerà se queste misure basteranno a stabilizzare la fornitura interna nel breve termine.
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