Sì del Senato alla riforma della giustizia, in primavera il referendum
Il Senato ha approvato in quarta lettura la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei giudici. Il disegno di legge ha ottenuto 112 voti a favore, 59 contrari e 9 astensioni. Si tratta dall'ultimo passaggio parlamentare, ma affinché la riforma venga adottata occorrerà l'approvazione da parte degli elettori: si terrà infatti nella prossima primavera un referendum confermativo.
Quest'ultimo non prevede il quorum strutturale, ovvero che si rechi alle urne il 50 per cento più uno degli aventi diritto, bensì soltanto quello funzionale, ovvero che la maggioranza dei votanti si esprima a favore del "sì" ai fini dell'approvazione della riforma. Quest'ultima sarebbe invece respinta, ovviamente, in caso di vittoria dei "no".
Cosa cambia concretamente con la riforma della giustizia
La riforma riguarda l'articolo 104 della Costituzione, che nella formulazione attuale recita al primo comma: «La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere». È qui che la revisione della Carta prevede l'aggiunta della frase: «Essa è composta dai magistrati della carriera giudicante e dalla carriera requirente».
Concretamente, in caso di approvazione del cambiamento in sede referendaria, ciascun giudice dovrà operare una scelta all'inizio della propria carriera. Ad oggi, il "salto" era possibile solamente ogni dieci anni, come disposto dalla riforma Cartabia del 2022.
Lo sdoppiamento del Csm e l'introduzione dell'Alta corte disciplinare
A cambiare sarà anche il Consiglio superiore della magistratura (Csm), che si sdoppierà (per ciascuna delle due carriere): entrambi gli organismi saranno (come accade oggi) presieduti dal presidente della Repubblica. I membri saranno estratti a sorte da un elenco di docenti e avvocati approvato dal Parlamento in seduta comune. Altra notevole novità: se i due Csm manterranno le loro prerogative in materia di carriere, trasferimenti, assegnazioni, perderanno quelle disciplinari.
Queste ultime saranno infatti affidate a un nuovo organismo: l'Alta corte disciplinare, composta da quindici membri: tre nominati dal Capo dello Stato, tre estratti a sorte da un elenco approvato dal Parlamento in seduta comune, sei estratti a sorte tra i magistrati giudicanti (con almeno vent'anni di carriera) e altri tre estratti a sorte tra i giudici requirenti. La corte presenterà dunque una maggioranza di membri togati, ma il suo presidente sarà scelto tra quelli laici.
Meloni: "Passo importante verso un sistema più efficiente"
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha commentato la votazione al Senato esprimendo la propria soddisfazione in un post pubblicato su X: "Compiamo un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. È un traguardo storico e un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. Governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini”.
Il ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani ha parlato di "giornata storica", sottolineando che così "si realizza il sogno di Silvio Berlusconi di una giustizia giusta. Ora aspettiamo il referendum e saremo impegnati per sostenere il sì. Non sarà certamente una scelta a favore o contro il governo, ma sarà sul testo della riforma".
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha da parte sua ricordato di essersi speso "in prima persona per questa riforma", confermando che il referendum confermativo di terrà tra i mesi di marzo e aprile del prossimo anno.
L'Anm: "Riforma altera l'assetto dei poteri disegnato dai costituenti"
Di tono diametralmente opposto la reazione dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), che in una nota ha sottolineato: "Questa riforma altera l'assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Una riforma che non rende la giustizia più rapida o più efficiente ma più esposta all'influenza dei poteri esterni".
"Una riforma - prosegue l'Anm - che non aumenta il numero dei magistrati che resta tra i più bassi in Europa, né colma le lacune dell'organico amministrativo. Non investe risorse per far funzionare meglio il sistema giustizia ma rischia al contrario di triplicare i costi con lo sdoppiamento del Csm e l'istituzione dell'Alta corte disciplinare. Le nostre preoccupazioni sono peraltro condivise anche dal relatore speciale sull'indipendenza di giudici e avvocati delle Nazioni Unite".
Schlein (Pd): "Democrazia non è assegno in bianco a chi vince le elezioni"
Simili le reazioni delle opposizioni: la segretaria del Partito democratico Elly Schlein ha affermato che "la democrazia non è un assegno in bianco per cinque anni ha chi ha vinto le elezioni”, sottolineando "i pesi e contrappesi previsti dalla Costituzione a tutela dei cittadini". La leader del principale partito di centrosinistra si è quindi detta "convinta che nella grande campagna che si apre in vista del referendum saranno tante le voci che si leveranno contro questa riforma".
Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle ha affermato che "il governo vuole scardinare la Carta”, aggiungendo che è in atto "un disegno sistematico per depotenziare il controllo e l'indipendenza di tutte le magistrature. Ha quindi precisato che si valuterà un coordinamento tra le forze di opposizione in vista della campagna referendaria.
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra hanno spiegato in una nota che a loro avviso "la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere non risponde a nessuno dei problemi che affliggono la giustizia in Italia. Non risolve il tema della lentezza del processo, non interviene sulla cronica carenza degli organici. Il suo unico obiettivo è quello di minare e indebolire l'indipendenza e l'autonomia della magistratura per sottoporla al controllo politico del governo".
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