Guerra in Ucraina, aziende tedesche hanno pagato circa 2 miliardi di euro di tasse annue alla Russia
I critici le accusano di avere pagato la guerra di Putin. A oltre tre anni dall'invasione russa dell'Ucraina, circa 248 aziende tedesche sono ancora attive in Russia contribuendo indirettamente all'economia di guerra di Mosca.
Queste imprese — tra cui il produttore di formaggi Hochland e il colosso dei materiali edili Knauf — non violano le norme dell’Ue in quanto non esportano beni nella lista delle sanzioni internazionali, ma devono affrontare quantomeno una questione morale.
Un rapporto congiunto di Kyiv School of Economics (Kse), B4Ukraine e Squeezing Putinstima infatti che nel 2024 le aziende straniere abbiano pagato oltre 20 miliardi di dollari in tasse a Mosca, di cui 594 milioni provenienti da società tedesche. Dal 2022, il totale versato supera i 60 miliardi di dollari (51,8 miliardi di euro).
“Si tratta di una scappatoia che deve essere chiusa”, afferma Nezir Sinani, direttore di B4Ukraine, che chiede alle aziende internazionali di lasciare il mercato russo. Restare nel Paese, secondo lui, significa sostenere direttamente “l’economia di guerra della Russia attraverso le tasse”.
Ma cosa significa esattamente? Secondo il rapporto la Russia paga circa 18.400 dollari (16mila euro) a contratto, a seconda della regione, per reclutare una persona per il servizio militare nella lotta contro l'Ucraina.
L'importo sopra citato di oltre 50 miliardi di euro corrisponde a quasi la metà del bilancio militare russo stimato per il 2025 dall'Istituto internazionale per gli studi strategici. Si tratta di 125 miliardi di euro, ovvero il necessario per mantenere sotto contratto oltre un milione di soldati russi.
Vale la pena chiedersi dunque del ruolo delle aziende tedesche in tal finanziamento. Con 513,5 milioni di euro versati nel 2024, sono i maggiori contribuenti stranieri all'erario di Mosca dopo le aziende statunitensi che l'anno scorso hanno versato circa 1 miliardo di euro in prelievi sui profitti realizzati in Russia.
Secondo le stime della Kse, le aziende tedesche hanno pagato addirittura un totale di 1,9-2 miliardi di dollari nel 2022 e 1,7-1,9 miliardi di dollari nel 2023 secondo quanto dichiarato a Euronews dall'istituto.
Si tratta di denaro utilizzato per finanziare missili e bombe che distruggono le città ucraine, denuncia Sinani di B4Ukraine. Con 2 miliardi di dollari infatti la Russia può acquistare o produrre 10mila droni d'attacco Shahed/Gerbera-3 - lo strumento di attacco più usato contro le città ucraine.
Perché le aziende tedesche non escono dal mercato russo?
Interpellata da Euronews, Hochland giustifica la permanenza con la “responsabilità verso i 1.800 dipendenti e le loro famiglie”. Il gruppo caseario, che condanna “la guerra ingiustificabile del governo russo contro il popolo ucraino”, ha tre stabilimenti in Russia: nella regione di Mosca, nel villaggio di Prokhovka nell'oblast di Belgorod (a circa due ore dal confine ucraino), e a Belinsky, una piccola città nella regione di Penza.
Ritirarsi, ha aggiunto la compagnia, “favorirebbe ancor più lo Stato russo”. Per uscire dal mercato russo infatti c'è una tassa del 35 per cento sul valore aziendale introdotta dal ministro delle Finanze di Mosca, Anton Siluanov.
Il Cremlino ha imposto anche uno sconto obbligatorio del 60 per cento sul prezzo di vendita della società e l’approvazione diretta di Vladimir Putin per le transazioni oltre i 50 miliardi di rubli.
Hochland ha dichiarato a Euronews che non ha intenzione di vendere le sue attività in Russia, nonostante un "significativo calo della redditività nel 2024", e che "non ha ancora perso la speranza di un ritorno della Russia alla comunità di valori occidentale".
Analogamente oltre il 55 per cento delle aziende tedesche ha deciso di rimanere in Russia, 135 hanno dichiarato ufficialmente di cessare completamente le loro attività commerciali o hanno annunciato che ridurranno temporaneamente le loro attività in Russia. Solo 74 si sono ritirate, secondo B4Ukraine.
Hochland opera in totale in sei città europee: quattro in Germania, tre in Polonia, due in Romania, una in Bulgaria, una in Belgio e una in Spagna. Sul fatturato generato in Russia e dunque sulle imposte versate localmente, l'azienda non ha voluto commentare.
L'altro caso che abbiamo verificato è quello del produttore edile Knauf.
Un’inchiesta del programma politico ArD Monitor ha rivelato che un rivenditore autorizzato dell'azienda tedesca avrebbe fornito materiali per la ricostruzione di Mariupol, commissionata dal Ministero della Difesa russo.
Mariupol è diventata un simbolo della brutale guerra in Ucraina, dopo il pesante assedio nella primavera del 2022 e la caduta alle forze russe. Oggi la città assomiglia a un grande cantiere in cui sono visti sacchi con il logo della Knauf.
L’azienda nega qualsiasi coinvolgimento diretto. “Knauf non ha rapporti contrattuali con il Ministero della Difesa russo”, ha dichiarato a Euronews, spiegando che i prodotti venduti in Russia sono destinati al commercio indipendente e non controllabili al termine della filiera.
In una dichiarazione scritta a Euronews, il produttore tedesco ha affermato che non c'era modo di indicare a questi rivenditori con quali clienti potessero fare affari dopo avere acquistato i prodotti Knauf.
Nonostante l’annuncio del ritiro nel 2024, Knauf non è ancora riuscita a vendere la sua filiale russa. “Il partner ha interrotto le trattative”, ha spiegato l’azienda, che ora valuta altre opzioni. L’attività in Russia, precisano dalla compagnia, è separata dal gruppo e non genera più profitti per la casa madre.
D'altra parte Knauf impiega 420 persone a Kiev e sta costruendo due nuovi impianti in Ucraina, sottolineando l'impegno nella ricostruzione postbellica.
Per Sinani di B4Ukraine questo non basta, dal momento che i contributi fiscali alla Russia indeboliscono comunque gli investimenti in Ucraina, vale a dire nel caso tedesco gli oltre 44 miliardi di euro destinati a Kiev.
Va aggiunto che le sanzioni economiche dell’Ue, introdotte dopo l’invasione del 2022, non hanno avuto gli effetti sperati sulla Russia proprio per l'attività delle multinazionali che sostengono l'economia di guerra russa attraverso le tasse che pagano e le catene di approvvigionamento.
Dall'inizio della guerra di aggressione russa in Ucraina, il 24 febbraio 2022, l'Ue ha imposto sanzioni massicce contro la Russia, in aggiunta alle misure imposte contro la Russia dal 2014 a causa dell'annessione della Crimea e della mancata attuazione degli accordi di Minsk.
“L’unica ragione per cui alcuni non credono nelle sanzioni è che non sono state applicate completamente”, afferma Sinani, riferendosi alle aziende non incluse negli elenchi restrittivi di Bruxelles.
Il numero di aziende che rimangono in Russia è "ingiustificatamente alto" e non c'è abbastanza pressione e sostegno da parte dei governi perché queste compagnie si ritirino dal mercato russo, conclude Sinani. Bisogna ormai “gettare le chiavi e andarsene immediatamente” dalla Russia è la raccomandazione di B4Ukraine.
E non vale solo per la Germania. Secondo la Kse, all'inizio di luglio 2025, solo 503 aziende globali (12 per cento) si erano ritirate completamente dalla Russia vendendo o liquidando le loro attività.
Quasi un terzo (33,2 per cento o 1.387 aziende) ha cessato le attività o ha annunciato piani di ritiro. Ma 2287 aziende (54,8 per cento) sono ancora attive sul mercato russo.
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