Serbia, ancora proteste: i manifestanti chiedono le dimissioni del presidente Vučić
                        Domenica sera, a Belgrado, si è svolta una nuova manifestazione antigovernativa davanti al Parlamento serbo, dove la polizia antisommossa è intervenuta per contenere i manifestanti che chiedevano le dimissioni del presidente Aleksandar Vučić. Ad alimentare la protesta è stata la commemorazione – solo un giorno prima – dell’anniversario del disastro alla stazione ferroviaria di Novi Sad, dove il 1 novembre dell’anno scorso è crollata una tettoia rinnovata causando la morte di 16 persone.
Le ragioni della mobilitazione
Le manifestazioni nascono dalla rabbia pubblica per quella tragedia, che molti attribuiscono a negligenza, mancanza di controlli e corruzione all’interno dell’apparato statale: la tettoia era stata recentemente ristrutturata, ma non ha retto.
La società civile serba — in particolare studenti, insegnanti, operatori universitari — si è mobilitata in massa, estendendo la protesta ben oltre il singolo evento tragico: chiede verità, responsabilità e un sistema politico più trasparente.
Tra i momenti più emblematici vi è la protesta di Dijana Hrka, madre di una delle vittime, Stefan Hrka, che ha iniziato uno sciopero della fame in una tendopoli davanti al Parlamento. Ha dichiarato alla polizia: "Se volete uccidermi, uccidetemi pure, ma io non mi muoverò da qui. Se mi succede qualcosa, sapete cosa accadrà". La sua presenza ha galvanizzato la folla, creando un simbolo potente della rabbia collettiva.
Lo stato dell’azione politica
Il governo serbo, guidato dal presidente Vučić e dal suo partito, è sotto pressione da mesi. Le proteste propagate in oltre 200 città e paesi mostrano la portata dell’insoddisfazione.
A marzo 2025 si è tenuta una delle più grandi manifestazioni della storia di Belgrado, con stime tra i 100.000 e i 300.000 partecipanti.
In giugno la polizia ha caricato i manifestanti che chiedevano elezioni anticipate e fine dell’era Vučić, con scontri documentati. L’inchiesta sul crollo della stazione di Novi Sad è ancora in corso: il ministro delle infrastrutture ha confermato che la struttura sarà valutata per decidere se demolirla o ristrutturarla.
Cosa chiedono i manifestanti
Le rivendicazioni principali sono:
- Dimissioni del presidente Vučić o un governo tecnico indipendente.
 - Indagini trasparenti e processo di responsabilità per tutti i coinvolti nel crollo di Novi Sad.
 - Riforme profonde nel controllo delle opere pubbliche, lotta alla corruzione e maggiore partecipazione democratica. Il movimento non è più uniforme: se all’inizio era guidato prevalentemente da studenti, ora include agricoltori, insegnanti, sindacati e cittadini comuni.
 
Possibili scenari e rischi
Il rischio maggiore per il governo è la perdita di consenso e la sfida alla stabilità politica: non a caso, secondo alcune fonti, lo scenario di elezioni anticipate viene evocato come ipotesi di uscita dalla crisi.
Allo stesso tempo, lo Stato serbo teme che la protesta si radicalizzi, con potenziali scontri e repressione, come già accaduto in alcuni blocchi stradali o manifestazioni più dure. Per la società civile, lo snodo è se queste mobilitazioni riusciranno a trasformarsi in cambiamento concreto, o se rimarranno un grido di protesta senza sbocco politico.
La tragedia di Novi Sad e le proteste che ne sono seguite rappresentano una delle più grandi crisi di legittimità del governo serbo dopo oltre un decennio di dominio di Vučić. Il raduno di domenica a Belgrado, così come quelli in altre città, indicano che la miccia non si è spenta.
Today