Libia, vittima delle torture di Almasri denuncia Meloni, Nordio e Piantedosi per favoreggiamento
"Le condotte di Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Giorgia Meloni hanno sottratto il torturatore libico Osama Almasri alla giustizia". Ad affermarlo nella denuncia presentata alla Procura di Roma lunedì è Lam Magok Biel Ruei, vittima delle torture del capo della polizia giudiziaria di Tripoli accusato dalla Corte penale internazionale (Cpi) di crimini di guerra e contro l'umanità.
Magok, originario del Sud Sudan, aveva parlato delle torture subite nelle carceri libiche insieme ad altri testimoni in una conferenza stampa alla Camera dei deputati la scorsa settimana.
La vittima delle torture di Almasri: "Il governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta"
"Io sono stato vittima e testimone di queste atrocità, orrori che ho già raccontato alla Corte penale internazionale", ha dichiarato l'uomo. Il governo italiano, ha aggiunto Magok, "mi ha reso vittima una seconda volta, vanificando la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando".
Per Magok ottenere giustizia era diventata una possibilità concreta in seguito all'arresto di Almasri avvenuto il 20 gennaio scorso a Torino. Una prospettiva demolita il giorno seguente dalla decisione di rimpatriare l'ufficiale libico, per di più con un aereo di Stato, come sottolineato nell'esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, che ha avviato l'azione giudiziaria nei confronti di Meloni, Nordio e Piantedosi.
Le motivazioni dietro alla denuncia contro Nordio, Meloni e Piantedosi
"Esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell'operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l'adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione.
In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l'arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza", si legge nella denuncia.
In particolare Magok e il suo legale hanno sottolineato come "l'inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell'Interno, con l'immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all'arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico".
La dinamica del rilascio di Almasri da parte dell'Italia
Almasri era responsabile del carcere di Mitiga, a Tripoli, dove sarebbero avvenute decine di uccisioni, violenze e torture a danno dei detenuti. Secondo il fascicolo della Cpi si parla di almeno 34 omicidi e di un abuso sessuale su un minore.
L'ufficiale libico era in Europa dal 6 gennaio scorso. Si è prima recato a Londra per poi spostarsi tra Francia, Belgio e Germania, dove il 16 gennaio è stato fermato dalla polizia per un controllo a Monaco di Baviera. L'Interpol ha inviato il giorno seguente un avviso a sei Stati, annunciando a l'Italia le intenzioni dell'uomo di entrare nel Paese.
Il 18 gennaio la Cpi, dopo avere monitorato gli spostamenti di Almasri, ha emesso un mandato di cattura internazionale che ha portato all'arresto da parte della Digos a Torino, il giorno successivo.
Nei giorni successivi, il ministro Nordio non ha dato indicazioni sulla custodia cautelare, anche a fronte delle richieste e delle sollecitazioni della Corte d'Appello di Roma, oltre a non informare successivamente la Cpi della scarcerazione. Un silenzio che Magok ha definito "funzionale alla liberazione" di Almasri.
Per via di un errore procedurale quindi, la mancata consultazione del ministro della Giustizia da parte della polizia prima di procedere all'arresto di Almasri, il 21 gennaio la corte d'Appello non ha convalidato l'arresto rimettendo il libico in libertà.
Almasri è stato poi oggetto di un decreto di espulsione e rimpatrio, che il ministro Piantedosi ha giustificato con la "pericolosità" del soggetto. La Cpi ha accusato l'Italia di non aver rispettato l'obbligo di cooperare in quanto Stato membro.
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