Corte Ue bacchetta il governo Meloni: giudici devono poter valutare la scelta dei Paesi sicuri

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito venerdì primo agosto che uno Stato membro dell'Ue non può includere nell'elenco dei Paesi di origine sicuri uno che “non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione”.
La decisione riguarda la controversa definizione di “Paese d’origine sicuro”, fondamentale per l'applicazione della “procedura accelerata di asilo“, che consente il trasferimento di persone migranti nei centri di Gjadër e Shëngjin, realizzati dall’Italia sul territorio albanese.
Perché è importante la sentenza: i casi di Egitto e Bangladesh
La pronuncia dei giudici europei nasce da una richiesta del tribunale di Roma, che ha sollevato dubbi sulla legittimità dei fermi disposti nei confronti delle persone migranti soccorse nel Mediterraneo e poi trasferite nei centri in Albania.
I promotori del ricorso sono due cittadini del Bangladesh, soccorsi in mare dalle autorità italiane e trasferiti in Albania, dove hanno presentato domanda di protezione internazionale alle autorità italiane.
Il protocollo Italia-Albania firmato a novembre 2023 prevede il trasferimento di un numero limitato di persone migranti (massimo 3.000 al mese) nei centri realizzati dall’Italia sul territorio albanese, da cui comunque gli individui trasferiti possono presentare richiesta di asilo all'Italia. Ma per essere idonei alla cosiddetta “procedura accelerata di frontiera”, che consente la detenzione e quindi il trasferimento in Albania, le persone migranti in questione devono provenire da un “Paese di origine sicuro”.
La designazione di Paesi terzi come “Paesi sicuri” si è rivelata molto controversa. Dallo scorso ottobre in Italia la lista dei Paesi è stata definita con un atto legislativo e l’elenco aggiornato include Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka. La decisione ha suscitato critiche, poiché alcuni di questi Paesi presentano “eccezioni” alla presunzione di sicurezza per determinate categorie di persone, e perché la designazione sarebbe avvenuta in assenza di una verifica trasparente e accessibile.
Quando i due cittadini bangladesi hanno impugnato il rigetto della loro domanda di asilo, il tribunale di Roma ha rimesso il caso alla Corte di giustizia dell’Ue, evidenziando che la nuova legge italiana non specifica le fonti informative utilizzate per dichiarare sicuro un Paese, rendendo quindi impossibile valutare l’aggiornamento, la completezza e l’affidabilità dei dati su cui si basa tale presunzione.
Il caso è stato poi seguito da altri simili, con diversi procedimenti relativi a richiedenti asilo provenienti da Bangladesh o Egitto sospesi in attesa della decisione del tribunale europeo.
Le precisazioni della Corte: trasparenza e controllo giurisdizionale
Secondo la Corte, ogni designazione di “Paese di origine sicuro” da parte di un governo deve essere soggetta a un effettivo controllo giurisdizionale, le fonti informative utilizzate per la designazione devono essere accessibili sia al richiedente che al giudice, e un Paese terzo non può essere considerato sicuro se non soddisfa le condizioni richieste anche solo per alcune categorie di persone.
“L'Italia non può continuare a classificare come Paesi di origine sicuri l'Egitto, il Bangladesh, o la Tunisia perché nessuno di questi Paesi lo è ai sensi della direttiva su cui si basa la sentenza”, spiega a Euronews Gianfranco Schiavone, studioso del tema e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà-Ufficio Rifugiati.
"Questo avrà ricadute enormi non solo sul modello Albania, ma anche su tutte le persone migranti trattenute in Italia, e su tutte quelle non trattenute che sono però sottoposte a una procedura accelerata di asilo, in quanto provenienti da Paesi di origine sicuri. La loro procedura non può più essere accelerata perché non è non è vero che vengono da Paesi di origine sicuri".
Cosa cambia sui trasferimenti in Albania
Secondo Schiavone, la sentenza rappresenta una pietra tombale sulla strategia del governo italiano di trasferire persone migranti nei centri albanesi.
Probabilmente a causa di queste controversie legali, il governo guidato da Giorgia Meloni aveva modificato le regole dei centri, includendo la possibilità di trasferirvi anche le persone migranti già destinate al rimpatrio con un provvedimento di espulsione, oltre a quelle appena salvate nel Mar Mediterraneo.
La trasformazione da centri di trattenimento dove effettuare procedure di asilo a centri per il rimpatrio non ha però evitato un'altra disputa giudiziaria. A giugno 2025, la Corte di Cassazione ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Ue, in questo caso sollevando pure dubbi di compatibilità con la direttiva che regola i rimpatri.
"L'invio di persone al Cpr attualmente è illegittimo, perché c'è pendente il rinvio alla Corte di giustizia. Ma Il governo italiano continua a trasferire persone, sia pure in numero ridottissimo", commenta Schiavone.
Al tempo stesso, la sentenza della Corte di giustizia dell'Ue si basa su una legislazione destinata a essere presto sostituita. Un nuovo regolamento permetterà, a partire dal 12 giugno 2026, di designare Paesi di origine sicuri con delle eccezioni per categorie chiaramente identificabili di persone, cosa che potrebbe favorire la linea del governo italiano. La Commissione europea, che ha proposto di anticipare l’entrata in vigore di questa regola, ha pure stilato di recente un proprio elenco di “Paesi di origine sicuri”, (che non sostituisce quelli nazionali) comprendente Egitto e Bangladesh.
Attualmente, i centri per migranti costruiti in Albania ospitano solo poche decine di persone, e secondo uno studio recente dell’università di Bari, costano caro: per ogni posto disponibile nel centro di Gjadër sono stati spesi oltre 153mila euro, a fronte dei 21mila circa spesi in una struttura analoga allestita a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento.
La reazione di Palazzo Chigi
In una nota Palazzo Chigi eseprime sorpresa sulla decisione della Corte di Giustizia Ue. "Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche. La Corte di Giustizia Ue decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari”. Il governo italiano ha aggiunto che “la decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali”, giudicando “singolare” che tale scelta arrivi a pochi mesi dall’entrata in vigore del nuovo Patto europeo su migrazione e asilo.
Schlein (Pd): "Governo non ha letto le leggi italiane"
"La Corte europea ha dato torto al governo italiano", ha commentato Elly Schlein, segretaria del Partito democratico. "Si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo"
Fratoianni (Avs): “Una sconfitta per la propaganda del governo”
Non si è fatta attendere nemmeno la reazione del leader di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e Sinistra), che ha definito la sentenza "un macigno" sulle politiche migratorie del governo Meloni: “Una pesante sconfitta senza appello per chi ha orchestrato un'indegna campagna di propaganda sulla pelle di esseri umani”. Fratoianni ha poi aggiunto: “Erano arrivati a dire che i giudici che rispettavano la legge fossero degli eversori. Non era, e non è, affatto così.”
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