La presidente mutaforma: chi è davvero Ursula von der Leyen?

Con il suo secondo mandato appena avviato, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, appare profondamente diversa dalla figura che nel 2019 fece il suo ingresso alla guida della Commissione europea, promettendo una svolta verde e progressista. Se il primo ciclo era centrato su visioni collettive e sostenibilità ambientale, il nuovo corso sembra giocarsi su pragmatismo, difesa e accentramento.
A Bruxelles cresce il dibattito: si tratta di un’evoluzione politica inevitabile o stiamo assistendo a una trasformazione radicale? Von der Leyen ha davvero cambiato pelle... o sta solo mostrando il suo vero volto?
Dalla "Green Queen" al volto del realismo
Nel 2019 von der Leyen arrivava nella capitale europea con l’ambizione di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero. Il Green Deal era la bandiera del suo mandato, sostenuto da un team politico eterogeneo composto da Margrethe Vestager (liberale) e Frans Timmermans (socialista).
Oggi, a distanza di cinque anni, quello spirito sembra svanito. La presidente della Commissione appare più isolata, circondata da alleati tecnici e fedelissimi, mentre figure critiche come il francese Thierry Breton hanno visto ridursi il loro spazio politico.
Il cambiamento di tono è evidente anche nello stile decisionale: i commissari ricevono le bozze dei documenti chiave solo a pochi minuti dalla loro presentazione pubblica, segno di una leadership sempre più verticale.
Il Green Deal? Svanito nel nulla
Il cambiamento più simbolico è forse proprio la sparizione del Green Deal dall’agenda politica.
Un tempo pilastro della strategia europea, il progetto è oggi assente persino dalla retorica ufficiale. Nella proposta di bilancio a lungo termine dell’Ue il termine non compare nemmeno una volta. Interi capitoli vengono archiviati senza fanfare: dalla strategia “Farm to Fork” al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere, tutto viene ridimensionato o rinviato sotto forma di “semplificazioni” tecniche.
La dismissione del Green Deal non è solo semantica, ma politica. E per molti osservatori, è un segnale inequivocabile: l’agenda verde non è più una priorità.
Anche la sanità perde slancio
Non è solo l’ambiente a uscire ridimensionato. Anche la sanità, un tempo secondo pilastro della Commissione von der Leyen, sta vivendo un declino silenzioso.
Il Piano europeo per la lotta contro il cancro, presentato come uno degli assi strategici nel primo mandato, ha visto tagli drastici. Nel 2024 erano previsti 115 milioni di euro; nel 2025 sono scesi a 60, con una platea di destinatari più ampia e meno focalizzazione.
Le norme sul tabacco e l’alcol sono state messe in standby o abbandonate, mentre l’attenzione si è spostata sulla preparazione alle pandemie. Ma anche in questo campo, la chiarezza strategica sembra mancare.
Il ritorno del ministro della Difesa
In un panorama dove le priorità sociali sembrano sfumare, emerge con forza un’altra agenda: quella della difesa.
Da ex ministra tedesca della Difesa, von der Leyen è tornata nel suo terreno più familiare. E ora spinge l’Ue verso una politica di sicurezza più assertiva. La sua Commissione propone un bilancio post-2027 che quintuplichi i fondi destinati a difesa e spazio. Ha lanciato il Fondo europeo per la competitività (Ecf), proposto prestiti agevolati tramite il programma SAFE e suggerito di allentare i vincoli fiscali per incoraggiare la spesa militare.
È una virata netta, giustificata dalla crescente instabilità geopolitica e dal progressivo disimpegno degli Stati Uniti dal teatro europeo.
L’Unione della Difesa: ambizione o necessità?
Non si tratta solo di budget. Von der Leyen ha avviato un piano per una “Unione europea della Difesa”, con obiettivi ambiziosi: mobilità militare semplificata, appalti più agili, ricerca congiunta tra Paesi membri.
Dietro questa strategia c’è una domanda cruciale: può l’Ue diventare un attore credibile all’interno della Nato, soprattutto in uno scenario dove l’attenzione americana si sposta sempre più sull’Indo-Pacifico?
Entro il 2030, dice Bruxelles, l’Europa dovrà essere in grado di scoraggiare le minacce esterne con le proprie forze. Ma il tempo stringe.
Stratega o trasformista?
A Bruxelles la domanda resta aperta: chi è la vera Ursula von der Leyen?
La leader visionaria che parlava di neutralità climatica nel 2019? O la stratega risoluta che oggi parla di deterrenza militare e finanza difensiva? O forse entrambe? O nessuna?
Quello che è certo è che la stagione politica è cambiata. I temi di un tempo vengono rimpiazzati da nuove priorità, e la Commissione 2024-2029 somiglia poco alla precedente.
Nel frattempo, mentre la geopolitica europea evolve e gli equilibri interni si spostano, l’Europa osserva con attenzione i prossimi passi della sua leader. Perché, in fin dei conti, come ogni buon dramma politico... il colpo di scena potrebbe essere dietro l’angolo.
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