Lettera aperta contro l’inerzia dell’Ue su Gaza: 58 ex ambasciatori chiedono azioni concrete

L’Unione europea è accusata di applicare il diritto internazionale con due pesi e due misure, sostenendo con forza l’Ucraina contro l’invasione russa, ma rimanendo quasi immobile di fronte alla crisi umanitaria nella Striscia di Gaza.
È quanto denuncia Sven Kühn von Burgsdorff, ex ambasciatore dell’Ue nei Territori palestinesi e a Gaza tra il 2020 e il 2023, in una lunga intervista a Euronews. Secondo il diplomatico tedesco, questa incoerenza sta minando in profondità la credibilità dell’Europa presso il Sud globale, proprio nel momento in cui Bruxelles è impegnata a rafforzare relazioni economiche e strategiche con Paesi in Asia, Africa e America Latina.
Von Burgsdorff è anche promotore di una lettera inviata ai vertici delle istituzioni europee e ai capi di governo dei 27 Stati membri. Firmata inizialmente da 27 ex ambasciatori dell’Ue e successivamente sottoscritta da 58, la lettera chiede all’Europa di intraprendere misure concrete contro Israele in risposta alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale nei territori palestinesi occupati.
La crisi di reputazione dell’Ue nel Sud globale
L’ex ambasciatore denuncia che la reputazione internazionale dell’Ue si sta sgretolando. “Abbiamo perso la nostra posizione nel mondo”, afferma, sottolineando che i Paesi del Sud globale non considerano più credibili le dichiarazioni europee sui diritti umani. Questa perdita di fiducia si riflette anche nell’isolamento diplomatico dell’Ue: a oggi, tra le nazioni del Sud globale, solo le Bahamas e la Micronesia hanno espresso sostegno alla linea europea sulla guerra in Ucraina.
Von Burgsdorff sottolinea che questa diffidenza è direttamente collegata alla percezione di un’Europa che agisce con determinazione quando si tratta di difendere i propri interessi geopolitici, ma che resta passiva di fronte a gravi crisi umanitarie che non la riguardano direttamente. Il paragone tra la prontezza nella risposta all’invasione russa e l’inerzia rispetto a Gaza diventa così emblematico di una doppia morale sempre più visibile agli occhi della comunità internazionale.
Gaza sotto assedio
Dopo l’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas contro le comunità israeliane — che ha causato 1.200 morti e il rapimento di 251 persone — Israele ha lanciato un’offensiva militare di vasta portata su Gaza. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, le vittime palestinesi hanno superato quota 60.000. Nel frattempo, le Nazioni Unite hanno avvertito che i blocchi agli aiuti umanitari, imposti a partire da marzo, stanno portando a carestie e fame diffusa.
Von Burgsdorff punta il dito contro la gestione fallimentare dell’aiuto umanitario. Il 10 luglio l’Alto rappresentante dell’Ue Kaja Kallas aveva annunciato un imminente aumento dell’assistenza a Gaza. Ma secondo l’ex ambasciatore è accaduto l’opposto: gli aiuti non sono entrati e centinaia di civili sono stati uccisi nei pressi dei punti di distribuzione. Le responsabilità, afferma, sono anche della Gaza Humanitarian Foundation, ente cogestito da Israele e Stati Uniti, criticato da Ong e agenzie internazionali per scarsa trasparenza e per gravi episodi di uso della forza contro civili. Le Nazioni Unite riferiscono che almeno 875 persone sono morte nel tentativo di raggiungere il cibo.
Violazioni del diritto internazionale e accuse all’Ue
Secondo l’ex ambasciatore, l’intervento militare israeliano a Gaza viola sistematicamente i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario: non viene rispettata la distinzione tra obiettivi civili e militari, le azioni non sono proporzionate rispetto alle minacce e non vengono adottate misure per limitare i danni ai civili.
In questa situazione, von Burgsdorff accusa l’Ue non solo di inazione, ma di complicità morale per aver voltato lo sguardo. A suo dire, solo un cambio di rotta deciso può restituire un minimo di credibilità alle istituzioni europee.
Il governo israeliano continua a sostenere che l’offensiva contro Hamas è una guerra “esistenziale” e che tutte le operazioni militari rispettano il diritto internazionale. Ma per i firmatari della lettera, la realtà sul terreno racconta un’altra storia.
Le proposte degli ex ambasciatori per una svolta europea
Nella lettera inviata a Bruxelles, gli ex ambasciatori chiedono all’Ue di adottare una linea più dura nei confronti di Israele. Le proposte includono la sospensione degli accordi commerciali preferenziali, l’interruzione delle esportazioni di armi e la fine della cooperazione accademica e tecnologica nell’ambito del programma Horizon Europe. Si chiede inoltre di interrompere ogni tipo di commercio con gli insediamenti illegali e di sanzionare i coloni israeliani responsabili di violenze, così come i ministri del governo Netanyahu che hanno invocato lo “sgombero totale” di Gaza.
Von Burgsdorff precisa che, anche senza l’unanimità dei 27 Stati membri, l’UE potrebbe agire attraverso il meccanismo della maggioranza qualificata per sospendere parte degli accordi commerciali. Ma, ammette, manca la volontà politica.
L’impasse su Horizon Europe
Nemmeno la proposta — già estremamente limitata — di escludere temporaneamente Israele dall’accesso al fondo di ricerca Horizon Europe è riuscita a passare. Lunedì scorso, durante una riunione tra diplomatici dell’Ue, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata necessaria. La misura si sarebbe applicata solo ai fondi destinati alle piccole e medie imprese israeliane, lasciando inalterate le collaborazioni accademiche, tecnologiche e i legami economici con gli insediamenti nei territori occupati.
Von Burgsdorff definisce la proposta “modesta” e “insufficiente”, lontana dall’affrontare la gravità del conflitto. Eppure, fa notare, cresce in Europa la pressione dell’opinione pubblica, soprattutto tra le nuove generazioni, che chiedono ai propri governi di agire. “Sta emergendo un chiaro consenso nella popolazione europea, in particolare tra i giovani, per fermare questo massacro”, ha concluso l’ex ambasciatore.
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