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Ungheria e Slovacchia, scontro con Kiev per il raid sull'oleodotto dell'Amicizia

• Aug 25, 2025, 2:28 PM
4 min de lecture
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I raid ucraini all'oleodotto dell'Amicizia hanno bloccato per giorni le importazioni di petrolio in Ungheria e Slovacchia, provocando uno scontro verbale tra Kiev, Budapest e Bratislava. L'Ucraina ha attaccato in territorio russo, con droni e razzi, le strutture petrolifere, che trasportano petrolio russo attraverso l'Ucraina e la Bielorussia verso l'Europa centrale. Un problema non indifferente per Ungheria e Slovacchia, che ne importano ancora grandi quantità.

Il peso del veto sull'ingresso dell'Ucraina nell'Unione europea

Domenica 24 agosto, il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato che gli attacchi all'oleodotto potrebbero essere collegati al veto del governo di Budapest sull'adesione dell'Ucraina all'Unione europea: "Abbiamo sempre sostenuto l'amicizia con l'Ungheria. Oggi il mantenimento di questa amicizia dipende dalla posizione che assumerà l'Ungheria", ha affermato quando gli è stato chiesto se gli attacchi all'oleodotto rappresentino una forma di pressione sul primo ministro Viktor Orbán.

L'Ungheria considera il messaggio come una minaccia diretta alle sue importazioni di petrolio russo. Il ministro degli Esteri di Budapest Péter Szijjártó ha risposto con un post sul proprio account X, dichiarando che il suo governo respinge fermamente quelle che definisce intimidazioni del presidente ucraino e ribadendo che i bombardamenti sugli oleodotti russi rappresentano un attacco alla sovranità dell'Ungheria.

Kiev all'Ungheria: "Diversificate e rinunciate al petrolio russo"

Il ministro degli Esteri ucraino, Andrij Sybiha, ha a sua volta replicato con un tweet: "Risponderò alla maniera ungherese. Non c'è bisogno di dire al presidente ucraino cosa fare o dire e quando. È il presidente dell'Ucraina, non dell'Ungheria. La sicurezza energetica dell'Ungheria è nelle vostre mani. Diversificate e diventate indipendenti dalla Russia, come il resto dell'Europa".

Tamás Deutsch, capo delegazione del partito ungherese Fidesz al governo nel Parlamento europeo, ha affermato da parte sua che gli attacchi all'impianto sarebbero assimilabili a un attacco militare contro uno Stato membro dell'Ue e che quest'ultima non non dovrebbe perciò condurre colloqui di adesione con l'Ucraina.

Anche la Slovacchia alza la voce

Domenica sera, il ministro degli Esteri della Slovacchia Juraj Blanár ha alzato allo stesso modo i toni in un'intervista nella quale ha indicato che mantenere le importazioni di petrolio russo è nell'interesse nazionale del suo Paese, aggiungendo che gli attacchi dell'Ucraina potrebbero portare anche a un taglio delle forniture di carburante a Kiev.

Il ministro ha poi ricordato che il 10 per cento delle forniture di gasolio dell'Ucraina arriva attraverso la Slovacchia, per lo più da petrolio russo raffinato nella nazione europea. Similmente, la settimana scorsa Budapest aveva minacciato di bloccare le esportazioni di energia elettrica verso Kiev, sapendo che esse rappresentano il 40 per cento del fabbisogno ucraino.

In una lettera congiunta pubblicata venerdì, Ungheria e Slovacchia hanno chiesto a Bruxelles di intervenire contro l'Ucraina. In risposta, la Commissione europea ha dichiarato che entrambi i Paesi dispongono di riserve per 90 giorni, quindi l'approvvigionamento energetico non è in pericolo.

L'Ue ha approvato sanzioni per tagliare le importazioni di petrolio dalla Russia nel 2022, ma sia l'Ungheria che la Slovacchia hanno ricevuto deroghe e continuano a importarne grandi quantità. Quest'anno, la Commissione ha proposto l'eliminazione completa di tutti i combustibili fossili russi entro il 2027 per tutti gli Stati membri.


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