Muro anti-droni nell'Unione europea, parla l'esperto Burilkov: "Basta isterismi"

L'Europa non dovrebbe reagire in modo isterico alle incursioni di droni, ha dichiarato Alexandr Burilkov, vicedirettore della ricerca del think tank slovacco Globsec GeoTech Center, in un'intervista a Euronews.
Nelle ultime settimane sono stati registrati incidenti in Polonia, Danimarca, Romania ed Estonia.
In Polonia, più di una dozzina di droni ha violato lo spazio aereo nazionale. In Danimarca, l’aeroporto di Copenaghen è stato chiuso a causa di un incidente con un drone.
Ieri, la ministra degli Esteri finlandese, Elina Valtonen, ha dichiarato ai giornalisti che l’Europa non deve farsi prendere dal panico.
"Questi incidenti accadevano spesso durante la Guerra Fredda, ma la guerra non è mai ricominciata. È cruciale mantenere la lucidità e il pragmatismo", ha detto Burilkov. "Bisogna essere pronti però, senza ignorare una potenziale minaccia".
Il pericolo è minore oggi rispetto all'epoca della Guerra Fredda
Burilkov ha spiegato che l’attuale minaccia non è così grave come durante la Guerra Fredda.
"All’epoca erano frequenti gli incidenti nei punti geografici sensibili, quando bombardieri nucleari sovietici sconfinavano, per esempio, nella zona di difesa aerea dell’Alaska", ha osservato.
"Sono accaduti incidenti di ogni tipo in quel periodo, senza che si arrivasse mai a una guerra tra potenze nucleari. E dovremmo davvero ricordarlo", ha detto Burilkov.
Nato ed Europa indietro rispetto a Russia e Ucraina nella produzione militare
La Commissione europea ha proposto la settimana scorsa di istituire un "muro anti-droni" lungo il fianco orientale del blocco, per rilevare e distruggere i droni sospetti che sconfinano in territorio europeo.
L'iniziativa ha riunito dieci Paesi membri: Bulgaria, Danimarca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Finlandia, con la partecipazione dell'Ucraina, il Paese con le capacità più avanzate nel settore dei droni.
Anche la Nato si è unita all'iniziativa, il che, secondo Burilkov, è comprensibile, dal momento che l'alleanza è in ritardo rispetto a Russia e Ucraina per quanto riguarda la produzione di droni.
"I russi hanno il vantaggio di una grande industria, mentre gli ucraini hanno il loro ecosistema d’innovazione Brave-1, più flessibile di quello russo. Ma entrambi sono avanti rispetto all’Europa".
L'Europa deve considerare il rapido sviluppo del settore dei droni e la questione della produzione di massa.
"I droni sono piccoli e facili da produrre. Se si vuole aggiornare un carro armato ci vogliono anni. Un drone, invece, spesso è stampato in 3D ed è molto semplice svilupparne versioni migliori", il che è un problema perché l'intero settore evolve a grande velocità, ha spiegato Burilkov.
L'altro problema è una questione di capacità produttiva. L'uso dei droni nel conflitto in Ucraina è enorme, sono migliaia. "Non abbiamo ancora una grande capacità produttiva, e per questo bisogna produrre su larga scala, tale da fare davvero la differenza".
L’esperto ha aggiunto che l’Europa deve creare capacità flessibili: "Non ha senso acquistare ora i droni migliori, non sappiamo se saranno ancora efficaci fra qualche anno. Bisogna sviluppare la capacità produttiva per poter scalare la produzione quando serve e nel frattempo investire nell'innovazione. Non bisogna impegnarsi in un sistema che col tempo potrebbe diventare inefficace".
Burilkov ha inoltre sottolineato che lo sviluppo dei droni va integrato con le capacità militari tradizionali.
"Bisogna integrare i droni all’interno delle altre capacità, altrimenti ci si ritrova con una forza militare fragile perché le mancano altre capacità necessarie alla guerra meccanizzata".
Gli ostacoli allo sviluppo del muro anti-droni in Europa
Ogni Paese membro dell'Unione europea ha politiche diverse sulla neutralizzazione dei droni e questo pone un'altra sfida.
"In Germania, gli addestramenti militari vengono regolarmente disturbati dai droni. Se succede in una zona popolata, come con le intrusioni agli aeroporti in Danimarca, non si può nemmeno sparare senza rischiare danni collaterali".
L’Europa può anche imparare dall’incidente in Polonia, avvenuto all’inizio di settembre, quando almeno 19 droni, presumibilmente russi, hanno attraversato lo spazio aereo polacco. Alcuni sono stati abbattuti da aerei militari, altri sono precipitati per esaurimento del carburante.
"I polacchi hanno finito per usare i jet per abbatterli, il che significa costosi missili aria-aria. Uno dei missili sembra aver mancato il bersaglio e si è schiantato in un'area popolata, il che non è ideale. Sarà difficile sviluppare una politica unificata anti-droni in tutto il blocco".
Il ruolo dell'Ungheria nel progetto del muro anti-droni
La Commissione europea sembrava riluttante a coinvolgere la Slovacchia e l'Ungheria, due Paesi della sponda orientale con stretti legami con la Russia, nell'iniziativa del muro anti-droni.
Secondo Burilkov, esiste una divergenza tra la politica estera ungherese, con legami con Russia e Cina, e la politica di sicurezza, più vicina all'Occidente.
"Il governo ungherese acquista solo sistemi militari europei. Questo ha attirato l'industria della difesa europea nel Paese", ha spiegato Burilkov.
"Rheinmetall produce carri armati Leopard in Ungheria e prevede di sviluppare nel Paese anche il sistema d'artiglieria mobile Rch-155. Mentre la politica estera di Budapest non è sempre in sintonia con il resto del blocco, per quanto riguarda la sicurezza gli ungheresi danno un contributo rilevante".
Secondo Burilkov, l'esercito ungherese ha buone capacità e in caso di conflitto potrebbe contribuire in modo significativo alla difesa del fianco orientale.
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