Il ministro degli Esteri tedesco Wadephul: "Sono il più grande difensore di Israele"

Martedì scorso, in tutta la Germania, si sono tenute manifestazioni per commemorare l'attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023 e il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha colto l'occasione per esprimere il proprio sostegno a Tel Aviv con parole forti: "In quanto tedesco, sono inevitabilmente il più chiaro difensore di Israele, non solo in quanto Johann Wadephul", ha dichiarato a Paul Ronzheimer, conduttore del podcast di attualità quotidiana in Germania.
La posizione di Wadephul nettamente a favore di Israele
Wadephul ha parlato anche di se stesso come di "colui che sta sempre più palesemente dalla parte di Israele" quando è circondato dai suoi omologhi dell'Unione europea a Bruxelles.
Martedì, alla Porta di Brandeburgo di Berlino, sono stati letti i nomi delle vittime israeliane di quel giorno durante una cerimonia.
Il cancelliere Friedrich Merz, cristiano-democratico come Wadephul, ha colto l'occasione per mettere in guardia di fronte ai crescenti livelli di antisemitismo e ha invitato i tedeschi a mostrare solidarietà ai loro compatrioti di religione ebraica: "Dimostriamo tutti che siamo al loro fianco e che faremo tutto il possibile per garantire che possano vivere qui in Germania con fiducia e senza paura", ha affermato in un video messaggio pubblicato martedì su X.
Solo due giorni prima, Merz aveva suggerito che la Germania avrebbe dovuto boicottare l'Eurovision Song Contest del prossimo anno se Israele fosse stato escluso: "È uno scandalo solo che se ne parli. Israele ha un posto lì", ha dichiarato.
Più di recente, il governo di Berlino non ha voluto riconoscere lo Stato della Palestina, a differenza di altre nazioni europee, e ha respinto l'ipotesi di sanzioni contro Israele proposte dalla Commissione di Bruxelles.
Perché la Germania è il più stretto alleato di Israele in Europa
Ma per quale ragione all'interno dell'Unione europea la Germania si pone come l'alleato più vicino allo Stato ebraico? La ragione più ovvia è legata al peso del passato nazista tedesco, e alla persecuzione e e uccisione di milioni di ebrei.
Nel 1949, quando la Germania tornò a essere una democrazia e fu fondata la Repubblica Federale, si radicò un concetto politico che ha dominato la politica germanica per il resto del secolo: quello definito dal termine "vergangenheitsbewältigung", traducibile con "fare i conti con il passato": un compito apparentemente insormontabile.
Così, nel corso del tempo sono stati affrontati i crimini commessi dai tedeschi, assicurati i responsabili alla giustizia, si è trattato l'Olocausto nell'arte e nella cultura e si è reso omaggio alle vittime. Come disse il primo presidente tedesco del dopoguerra Theodor Heuss: "Non esiste una colpa collettiva, ma una vergogna collettiva”.
L'obbligo storico della Germania di proteggere lo Stato di Israele
Dagli anni Cinquanta, i governi tedeschi che si sono succeduti, prima a Bonn e poi a Berlino, hanno ritenuto che la Germania avesse l'obbligo storico di combattere l'antisemitismo e di proteggere lo Stato di Israele.
In seguito all'Accordo di Lussemburgo del 1952, firmato dal Cancelliere Konrad Adenauer e dal primo ministro David Ben-Gurion, la Germania accettò di pagare 3 miliardi di marchi tedeschi (circa 714 milioni di dollari dell'epoca) a Israele per aiutare il neonato Paese a insediare oltre mezzo milione di sopravvissuti all'Olocausto.
Ma, complessivamente, i finanziamenti tedeschi a Israele e alle organizzazioni ebraiche ammontarono a 90 miliardi di dollari come indennizzo ai singoli per le sofferenze e le perdite subite a causa delle persecuzioni naziste.
Dopo l'instaurazione ufficiale delle relazioni diplomatiche tra Germania e Israele nel 1965, i due Paesi hanno collaborato strettamente, anche se per molti anni è rimasta una profonda diffidenza nei confronti del popolo tedesco da parte degli abitanti di Israele. I viaggiatori tedeschi nati prima del 1928, ad esempio, devono ancora richiedere uno speciale visto turistico, mentre per i più giovani è sufficiente un normale passaporto.
Oggi, Germania e Israele mantengono insomma una "relazione speciale", il cui pilastro centrale è l'impegno di Berlino per la sicurezza di Israele come parte della sua Staatsräson (ragione di Stato), un'espressione coniata dalla cancelliera Angela Merkel nel 2008.
La Germania è il secondo fornitore di armi della nazione ebraica
Dopo una visita in Israele nel 2022, il cancelliere Olaf Scholz l'ha rafforzata ulteriormente: "La strage degli ebrei ha avuto origine in Germania. È stata pianificata ed eseguita da tedeschi. Ciò conferisce a ogni governo tedesco la responsabilità perpetua della sicurezza dello Stato di Israele e della protezione della vita ebraica. Non dimenticheremo mai le sofferenze e le vittime di milioni di persone".
Nel corso degli anni, la Germania è diventata il secondo fornitore di armi di Israele, dopo gli Stati Uniti, vendendo anche sottomarini nucleari, motori per carri armati e munizioni.
Nel 2023 la Germania ha esportato attrezzature militari per 300 milioni di euro, dieci volte di più rispetto al 2022. La nuova dottrina del riarmo della Germania fa persino esplicito riferimento a Israele, affermando che "la sua sicurezza è nell'interesse nazionale tedesco".
Nonostante ciò, di fronte alla catastrofe umanitaria a Gaza, il cancelliere Friedrich Merz ha colto di sorpresa molti tedeschi quando, nello scorso agosto, ha deciso di congelare parzialmente gli invii armi a Israele "fino a nuovo ordine". La decisione è stata accolta con soddisfazione dagli alleati socialdemocratici, così come da parti delle opposizioni, ma non ha mancato di suscitare reazioni anche feroci tra i conservatori.
La scelta di Merz è stata d'altra parte rilevante, in quanto la Germania era solita astenersi da critiche dirette nei confronti di Israele, anche in caso di disaccordo rispetto alle decisioni assunte da Tel Aviv.
Berlino vuole un Medio Oriente stabile e pacifico
Tuttavia, l'interesse della Germania è anche quello di avere un Medio Oriente stabile e pacifico. Dopotutto, il Paese ospita anche la popolazione palestinese più numerosa d'Europa, con 100mila persone. Ed è stato a lungo uno dei principali donatori di aiuti alle Nazioni Unite a favore dei territori palestinesi, assieme a Stati Uniti e Arabia Saudita che hanno elargito più fondi.
Oggi, a livello europeo, la posizione pro-Israele della Germania ha però pochi alleati: solo l'Austria e alcuni Stati dell'Europa orientale si sono schierati con Berlino. Ciò nonostante, il peso politico ed economico tedesco è tale da impedire azioni europee contro la nazione ebraica per via dell'invasione della Striscia di Gaza. Fatto che non ha mancato di generare grande disappunto da parte del capo della politica estera dell'Ue Kaja Kallas.
Kallas ha chiesto alla Germania alternative di fronte a "una situazione insostenibile"
Alla domanda di Shona Murray di Euronews, poche settimane fa, su come avrebbe convinto il governo tedesco a prendere provvedimenti contro Israele, Kallas aveva risposto: "Se siete d'accordo sulla diagnosi, ovvero sul fatto che la situazione è estremamente grave, disastrosa e insostenibile, allora la domanda è: cosa facciamo?".
"Se non sostenete queste misure, allora quali misure proponete? Portate delle alternative", aveva aggiunto Kallas. Una possibilità ora è sul tavolo: il piano per Gaza del presidente statunitense Donald Trump, che il cancelliere Merz ha quasi subito appoggiato.
In una telefonata con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, domenica scorsa, Merz ha spinto per una rapida conclusione dei negoziati in Egitto. E il capo del governo di Tel Aviv, in un'intervista concessa a Euronews lo stesso giorno, ha elogiato Merz per la sua posizione e per la decisione di non riconoscere lo Stato palestinese. Per molti osservatori, si è trattato di una conferma della "relazione speciale" tra i due Paesi.
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