Italia: proposta di legge contro velo integrale, matrimoni forzati e finanziamenti a moschee

Una proposta di legge presentata questa settimana da Fratelli d'Italia (FdI), il partito della premier Giorgia Meloni, prevede il divieto del velo integrale nei luoghi pubblici, pene più pesanti per per i matrimoni combinati e nuove regole per il finanziamento delle moschee in Italia.
La proposta di legge "Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di contrasto del fondamentalismo religioso", depositata alla Camera dei Deputati ad agosto e che deve essere ancora discussa e in ultima istanza approvata dal Parlamento, è stata illustrata in una conferenza stampa mercoledì a Roma dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro insieme con i deputati di FdI e firmatari del testo Sara Kelany, Galeazzo Bignami e Francesco Filini.
"Serve a contrastare la nascita di enclave, di contro-società in cui si applica la legge della sharia e non l'ordinamento italiano, e dove prolifica il fondamentalismo islamico", ha spiegato Kelany, che è anche responsabile del Dipartimento Immigrazione del partito.
“La legge contro il separatismo islamico rappresenta un passo necessario per proteggere l’identità italiana, la sicurezza dei cittadini e la libertà delle donne. Non si tratta di limitare la libertà religiosa, ma di impedire che essa venga strumentalizzata per giustificare pratiche incompatibili con i principi della nostra Costituzione e della nostra società", ha dichiarato FdI in una nota mercoledì.
Cosa prevede la "legge contro il separatismo" di Fratelli d'Italia
Il provvedimento interviene in particolare contro i veli islamici pressoché integrali, il niqab e il burqa, prevedendo il divieto "di indumenti che coprano il volto delle persone, di maschere o di qualunque altro mezzo" che rendano "difficoltoso il riconoscimento della persona, in luoghi pubblici, aperti al pubblico, luoghi di istruzione di qualunque ordine e grado, università, esercizi commerciali e uffici".
La sanzione amministrativa varierebbe dai 300 a 3mila euro. "Questa norma affronta due necessità: quella di sicurezza dei cittadini che devono poter sapere con chi hanno a che fare; e quella di non mortificare la dignità delle donne, perché cancellare il volto della donna vuol dire mortificarne la dignità", ha spiegato la deputata Kelany.
In questo senso la maggioranza di governo ha voluto anche rafforzare la normativa sull'induzione ai matrimoni con l'inganno, richiamando esplicitamente i casi di omicidi di donne musulmane in Italia da parte di familiari in conseguenza del rifiuto di nozze combinate.
Kelany ha indicato che la proposta intende "rafforzare la normativa del Codice rosso sui matrimoni forzati", innalzando le pene da 2 a 7 anni per il reato di induzione al matrimonio mediante inganno (attualmente la reclusione va da un minimo di 1,5 a un massimo di 5 anni).
Si tratta di una soluzione idonea per la deputata a "contrastare al meglio il fenomeno dei matrimoni combinati, che spesso ledono i diritti di persone minorenni o comunque molto fragili".
Si prevede inoltre di punire "chiunque, con violenza o minaccia o facendo leva su precetti religiosi ovvero sfruttando una situazione di vulnerabilità, costringe altri a contrarre matrimonio, anche in un Paese estero, con la reclusione da quattro a dieci anni" con aggravanti se il reato è commesso ai danni di minorenni.
Nella stessa direzione va l'introduzione, in caso di approvazione della proposta, di due nuove fattispecie penali, punibili con la reclusione da 2 a 5 anni.
La prima punisce l'esame e la "certificazione " della verginità femminile, una pratica usata in vista di un matrimonio religioso nell'interpretazione più conservatrice dell'Islam.
La seconda allarga il reato di istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, punendo anche "chi propaganda idee fondate su superiorità e odio di natura religiosa", dando potere al Prefetto di chiudere temporaneamente luoghi religiosi dove si consumino tali attività.
Tra le altre norme incluse nel provvedimento, che non è stato ancora assegnato in commissione alla Camera per la prima valutazione, figura la stretta sui finanziamenti per interventi di natura urbanistica per la creazione di luoghi di culto, tra cui il tracciamento delle fonti di finanziamento al fine di evitare "che derivino da persone fisiche o giuridiche con fini contrari all'ordinamento dello stato e che possano in qualche modo turbare l'ordine pubblico".
La misura è ritenuta necessaria dal sottosegretario Delmastro "perché è di tutta evidenza che dietro i finanziamenti di alcune moschee, al di là del problema delle moschee abusive, si possa nascondere un soft power esercitato da associazioni, enti e parti terze con altre finalità".
La reazione della comunità islamica italiana
A inizio anno la Lega aveva depositato una proposta molto simile, a firma del capogruppo in commissione Affari Costituzionali, Igor Iezzi, che ha accolto con favore la nuova proposta. Quel testo puntava a vietare il velo e introdurre un nuovo reato per chi "costringeva le donne a indossare burqa o niqab", con sanzioni da 10mila a 30mila euro.
"Vietare il velo integrale – che non equivale a vietare il velo in sé – può rientrare in una logica di tutela della sicurezza. Ma una normativa in tal senso esiste già, quindi mi chiedo quale sia l’effettiva utilità di questa proposta", ha dichiarato l’imam Massimo Abdallah Cozzolino, che guida dell'associazione culturale islamica Zayd Ibn Thabit.**
Una legge in Italia, la 152 del 1975, "vieta l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo". "Non sono contrario a misure che tutelino la sicurezza pubblica, ma mi oppongo a qualsiasi iniziativa che rischi di colpire l’identità religiosa di una comunità", ha concluso Cozzolino.
Sulla stessa linea un politico di opposizione, il responsabile delle politiche per l'immigrazione del Partito democratico. "La legge per impedire la copertura totale del volto esiste già, questa mi pare una brutta arma di distrazione di massa. Odiosetta sul piano del messaggio che trasmette", ha detto Pierfrancesco Majorino.
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