Ancora due settimane: che fine ha fatto la scadenza di Trump per la pace in Ucraina?

Dopo aver incontrato ad agosto Vladimir Putin e successivamente Volodymyr Zelensky, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che Washington avrà entro metà settembre un quadro chiaro sulla possibilità di mettere fine alla guerra in Ucraina.
“Entro due settimane sapremo se ci sarà la pace in Ucraina. Dopodiché dovremo forse prendere un’altra strada”, ha dichiarato il 21 agosto, senza però chiarire quale alternativa abbia in mente. Da parte russa, intanto, le intenzioni non sembrano mutate rispetto all’inizio dell’invasione.
Sul terreno, nelle ultime due settimane, la Russia ha intensificato l’offensiva estiva nell’Ucraina orientale, con l’obiettivo dichiarato di occupare l’intera regione di Donetsk, già al centro delle mire di Mosca dal 2014.
L’avanzata si è concentrata in particolare nelle aree di Dobropillia, Pokrovsk e Kostyantynivka. A metà agosto, le truppe russe sarebbero riuscite a sfondare temporaneamente alcune linee di difesa ucraine, conquistando posizioni strategiche per proseguire l’offensiva.
Kiev ha reagito dispiegando le sue forze migliori, incluso il corpo d’élite Azov, che il 12 agosto ha confermato la presenza sul fronte di Pokrovsk. Nei giorni successivi, l’esercito ucraino ha riferito di aver ripreso il controllo di alcune aree, liberando insediamenti occupati e bloccando le infiltrazioni russe verso Dobropillia.
Secondo DeepState, progetto indipendente di analisi militare open-source, il ritmo dell’avanzata russa si sarebbe ridotto del 18 per cento durante agosto, con guadagni territoriali quasi nulli rispetto agli ultimi due anni e undici mesi.
Parallelamente, Mosca ha aumentato la pressione con una nuova ondata di attacchi aerei contro città e infrastrutture civili ucraine. Dal vertice di metà agosto in Alaska tra Trump e Putin, la Russia ha lanciato 3.372 missili e droni.
Solo il 28 agosto sono stati registrati 629 attacchi in un unico giorno: tra gli obiettivi colpiti anche edifici legati all’Unione Europea e al British Council a Kiev. L’attacco ha causato la morte di 25 persone, tra cui quattro bambini, e ha spinto sia l’Ue sia il Regno Unito a convocare i diplomatici russi.
Si è trattato del secondo bombardamento più devastante dall’inizio della guerra su larga scala, dopo quello del 29 luglio che aveva ucciso 32 persone. Poche settimane prima, il 9 luglio, Mosca aveva scatenato il suo raid più massiccio con 741 droni e missili.
Sul fronte diplomatico, Trump ha rilanciato la proposta di un incontro diretto tra Zelensky e Putin, seguito eventualmente da un vertice trilaterale con la sua partecipazione. Zelensky ha incaricato i suoi emissari di valutare diverse sedi possibili, tra cui Qatar, Arabia Saudita e Turchia.
Il mandato di cattura della Corte penale internazionale nei confronti di Putin per la deportazione di bambini ucraini rende però difficile la scelta del luogo, poiché il presidente russo rischierebbe l’arresto in 125 Paesi. Alcuni Stati, come Svizzera e Austria, hanno già dichiarato di essere pronti a fare eccezione pur di ospitare negoziati di pace.
Nonostante ciò, il Cremlino non sembra disponibile a considerare un faccia a faccia tra i due leader. Putin e i suoi collaboratori continuano a sostenere che non siano stati fatti accordi in tal senso, mettendo in dubbio la legittimità di Zelensky e dichiarando che i preparativi non sarebbero ancora maturi. Yuri Ushakov, consigliere del Cremlino per la politica estera, ha confermato che dall’incontro in Alaska tra Trump e Putin non è scaturito alcun impegno concreto.
Mentre la diplomazia arranca, Mosca ridispone sul fronte est truppe considerate d’élite, spostandole dalle regioni di Sumy e Kherson verso Donetsk. Le nuove priorità sembrano confermare il disegno strategico già visto lo scorso anno: concentrare la pressione su Dobropillia e Pokrovsk per cercare di aggirare la cintura di difese ucraine da ovest.
Nonostante le perdite subite, la Russia continua dunque a puntare al controllo totale della regione di Donetsk. Putin ha inoltre annunciato nuovi attacchi contro le infrastrutture energetiche ucraine, una tattica già utilizzata negli scorsi inverni per lasciare al buio e senza riscaldamento milioni di civili.
Dalla Cina, dove ha partecipato al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, il presidente russo ha ribadito di non voler modificare la propria linea: la guerra continuerà, ha detto, accusando ancora una volta Nato e Occidente di essere i veri responsabili del conflitto.
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