Almeno tre italiani morti e sette dispersi sull'Himalaya in Nepal dopo serie di valanghe
Non si hanno notizie di sette italiani ancora dispersi sull'Himalaya, in seguito a una serie di valanghe che si sono verificate nella parte di catena montuosa appartenente al Nepal e che hanno causato due incidenti distinti.
Le autorità locali hanno confermato che, oltre ad alcuni alpinisti di altri Paesi, tre italiani hanno perso la vita: Alessandro Caputo e Stefano Farronato, morti sul Monte Panbari, nel Nepal occidentale, le cui salme sono state recuperate nell'area del Manaslu Peak; Paolo Cocco, il cui corpo è stato trasferito presso l'ospedale per stranieri.
Si continuano a cercare invece gli altri sette italiani dispersi, tra cui Marco Di Marcello e Markus Kirchler, entrambi nella zona del Yalung Ri, una vetta di 5630 metri nel Nepal orientale.
Le comunicazioni tra le autorità, i responsabili delle operazioni di soccorso e le rappresentanze diplomatiche dei vari Paesi coinvolti restano però complicate.
Il Console generale d'Italia a Calcutta, competente per il Nepal, è arrivato questa mattina a Kathmandu per coordinarsi con le autorità locali e con i soccorritori, sempre restando in contatto con il Ministero degli Esteri a Roma.
L'Himalaya continua a essere una delle mete più affascinanti ma anche più pericolose per gli alpinisti di tutto il mondo, che ogni stagione di scalate si trasforma spesso in una sfida estrema contro la natura e le sue imprevedibili forze.
La tragedia del Manaslu riporta l'attenzione sulla pericolosità delle spedizioni himalayane in stagione autunnale, quando le tempeste e le nevicate improvvise rendono le montagne nepalesi tra i luoghi più rischiosi al mondo per gli alpinisti.
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