Dal caldo record alle bollette: il difficile rapporto dell’Europa con l’aria condizionata

In un’estate segnata da ondate di calore record, il rapporto controverso dell’Europa con l’aria condizionata è tornato al centro del dibattito.
Negli Stati Uniti quasi il 90 per cento delle famiglie dispone di un condizionatore, mentre in Europa la percentuale scende intorno al 20 per cento, con punte ancora più basse in alcuni Paesi. La differenza non è solo tecnologica, ma culturale, economica e politica.
Il mito del divieto Ue sull’aria condizionata
Contrariamente a quanto sostengono alcuni critici, l’Unione europea non ha mai vietato l’uso dei sistemi di raffreddamento. Bruxelles regola piuttosto l’efficienza energetica, i materiali consentiti e l’impatto ambientale, per allineare la diffusione degli impianti agli obiettivi climatici fissati al 2050.
Norme come il regolamento sui gas fluorurati e la direttiva sulla progettazione ecocompatibile spingono i produttori verso soluzioni più sostenibili e meno inquinanti.
Le scelte nazionali e le differenze culturali
Se l’Ue detta i principi generali, sono i singoli Stati membri a introdurre limitazioni specifiche. In Spagna, Italia e Grecia, ad esempio, la temperatura negli edifici pubblici non può scendere sotto i 27°C, mentre in alcuni centri storici l’installazione di unità esterne è regolamentata per motivi estetici.
Ma la scarsa diffusione del condizionamento è legata anche alla cultura: nel Sud Europa le case sono progettate per resistere al caldo con muri spessi e colori chiari, mentre in molti Paesi persiste l’idea che l’aria condizionata sia un lusso o addirittura dannosa per la salute.
Il nodo dei costi energetici
Un altro ostacolo è il prezzo dell’elettricità, molto più alto in Europa rispetto agli Stati Uniti. La crisi energetica del 2022 ha reso ancora più evidente quanto il condizionamento pesi sui bilanci familiari.
Nonostante oggi rappresenti solo lo 0,6 per cento dei consumi domestici, l’uso dell’aria condizionata sta crescendo e le ondate di calore del 2025 hanno fatto schizzare la domanda fino al 14 per cento in più, con prezzi dell’energia alle stelle in Germania e Polonia.
Uno dei principali ostacoli alla diffusione dell’aria condizionata in Europa resta il fattore economico. In media, l’elettricità sul continente costa oltre il doppio rispetto agli Stati Uniti, con forti differenze tra Paesi: nel 2024 una famiglia tedesca ha pagato circa 0,41 €/kWh, contro gli 0,16 €/kWh di una famiglia americana. A queste tariffe si aggiunge l’investimento iniziale per l’acquisto di un impianto, che può variare dai 700 ai 2.500 euro per un singolo split domestico, fino a cifre ben più elevate per sistemi centralizzati.
Per molte famiglie europee, soprattutto in contesti di inflazione e redditi stagnanti, questa spesa non appare giustificata, dato che le estati torride sono un fenomeno relativamente recente.
Inoltre, il timore di bollette più alte frena ulteriormente l’adozione, soprattutto dopo la crisi energetica del 2022 che ha lasciato un forte segno nella percezione dei consumatori. Anche laddove il bisogno cresce, come dimostrano le vendite record durante le ondate di calore del 2025, l’aria condizionata rimane un bene percepito come “non essenziale” o addirittura “di lusso”, più che una necessità quotidiana.
Verso il futuro del raffreddamento in Europa
L’aria condizionata non è bandita dall’Europa, ma il suo sviluppo è incanalato verso tecnologie efficienti e compatibili con gli obiettivi climatici. La Commissione europea punta a rafforzare la resilienza delle reti elettriche e a promuovere soluzioni che riducano l’impatto ambientale. Tuttavia, con le estati sempre più torride e ondate di calore ormai annuali, la pressione sulla domanda di raffreddamento continuerà a crescere.
In definitiva, il rapporto dell’Europa con l’aria condizionata è il risultato di un mix complesso di cultura, costi, regolamentazioni e scelte politiche. Ma di fronte al cambiamento climatico, questo equilibrio sarà messo a dura prova ogni anno di più.
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