Consiglio europeo: prestiti a Ucraina, clima e Cina al centro del vertice

I 27 leader dell'Unione europea si stanno preparando per un vertice ad alta tensione a Bruxelles, con un'agenda fitta di temi tra cui Ucraina, clima e Cina, che potrebbero portare a negoziati difficili e delicati compromessi.
L'incontro di giovedì, che durerà tutto il giorno, affronterà anche i temi relativi a Difesa, competitività, Medio Oriente, migrazione irregolare e, per la prima volta, crisi abitativa.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky parteciperà di persona all'incontro per chiedere sostegno politico alla sua strategia e nuovi aiuti per le forze armate di Kiev, che si stanno esaurendo dopo che il presidente statunitense Donald Trump ha bloccato tutti i fondi.
La diplomazia di Trump incomberà pesantemente sui colloqui dopo che il suo atteso tête-à-tête con il presidente russo Vladimir Putin a Budapest è stato rinviato a tempo indeterminato, spingendo gli europei a serrare i ranghi dietro Kiev e a riaffermare la propria posizione.
Martedì, un gruppo di leader europei ha chiesto un cessate il fuoco per congelare le attuali linee di fronte. Come auspicato da Trump ma categoricamente rifiutato da Putin.
"Restiamo impegnati nel principio che i confini internazionali non devono essere modificati con la forza", hanno dichiarato in un comunicato.
Come ormai è tradizione, le conclusioni congiunte sull'Ucraina saranno approvate solo da 26 Stati membri, come conseguenza del disallineamento dell'Ungheria. Budapest, tuttavia, non dovrebbe essere protagonista giovedì, con il primo ministro Viktor Orbán che dovrebbe arrivare nel tardo pomeriggio per presenziare a una festa nazionale.
L'attenzione sarà invece rivolta al Belgio.
I capi di Stato e di governo cercheranno di placare le preoccupazioni belghe per il piano che prevede l'utilizzo dei beni congelati alla Russia e l'erogazione di un prestito senza interessi di 140 miliardi di euro all'Ucraina per colmare il suo deficit di bilancio e fornire un sostegno militare affidabile.
Il Belgio è particolarmente interessato da questa proposta perché la maggior parte degli asset russi è detenuta presso Euroclear, un deposito centrale di titoli con sede a Bruxelles.
Il primo ministro del Paese, Bart De Wever, ha chiesto "il massimo" di certezza giuridica, solidarietà e responsabilità per garantire che i rischi potenziali, come le ritorsioni di Mosca, siano adeguatamente condivisi da tutti gli Stati membri. De Wever ha anche chiesto "trasparenza" per individuare i beni sovrani russi detenuti in altre giurisdizioni.
"Non credo che questa sia una posizione irragionevole", ha dichiarato all'inizio del mese.
Diplomatici e funzionari ammettono che il Belgio ha interessi legittimi e sperano che De Wever accetti di incaricare la Commissione europea di sviluppare una proposta legale in modo che Kiev possa iniziare a ricevere i fondi l'anno prossimo.
La Commissione esaminerà i modi per garantire che le spese militari dell'Ucraina nell'ambito del prestito vadano a beneficio dell'industria europea, un obiettivo chiave per la Francia.
Ma c'è chi preferisce dare priorità all'immediatezza della produzione e delle forniture, indipendentemente dal Paese di origine. "L'obiettivo di questo prestito è di mantenere l'Ucraina nella lotta", ha detto un diplomatico di alto livello. "Se possono spendere il prestito in Europa, ancora meglio".
Energia e cambiamento climatico
Parallelamente a De Wever, i leader terranno d'occhio Robert Fico, il primo ministro della Slovacchia, che ha posto il veto al nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia.
Fico non ha obiezioni al pacchetto in sé, che prende di mira il gas naturale liquefatto (Gnl) russo, le infrastrutture petrolifere, la "flotta ombra" e le piattaforme di criptovalute, nonché i movimenti dei diplomatici russi all'interno del blocco, ma ha sollevato una serie di questioni non correlate sui prezzi dell'energia, il settore automobilistico e la competitività.
In vista del vertice di giovedì, gli ambasciatori hanno trascorso ore a perfezionare le conclusioni per ampliare il linguaggio proprio su questi temi.
La Presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha scritto una lettera ai 27, assumendo diversi impegni per ridurre i prezzi dell'energia per le famiglie e accelerare la revisione di una legge che vieterà di fatto le vendite di nuove auto con motori a combustione entro il 2035.
Le tentazioni sembrano aver dato i loro frutti: mercoledì Fico ha espresso la sua intenzione di revocare il veto e di accettare le sanzioni. Il pacchetto "non ci riguarda direttamente, ma è un buon strumento per i negoziati", ha detto.
La spinta a fare pressioni su Fico si è inserita in un più ampio dibattito sulla politica climatica, sempre più contestata da leader conservatori come il tedesco Friedrich Merz, l'italiana Giorgia Meloni e il polacco Donald Tusk.
Anche i liberali, come il francese Emmanuel Macron, hanno sollevato dubbi. Macron ha chiesto ai leader un dibattito faccia a faccia sulla necessità di stabilire un obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2040 come ponte verso la neutralità climatica entro la metà del secolo.
La Commissione ha già proposto una riduzione del 90 per cento entro il 2040, ma con alcune flessibilità per i governi e l'industria. L'approvazione del testo è in salita, dato che il contraccolpo politico contro le normative ambientali si fa sempre più forte.
Un altro punto di attrito è il nuovo sistema di scambio di emissioni (Ets), che stabilirà un prezzo alla CO2 rilasciata dagli edifici e dai trasporti su strada. Alcuni Paesi vogliono che il sistema, che entrerà in vigore nel 2027, sia completamente rivisto o addirittura abolito.
Con il crescere delle rimostranze, lo scambio di giovedì rischia di trasformarsi in un aspro scontro sul Green Deal, la principale eredità del primo mandato di von der Leyen.
"Se il nostro obiettivo è un'economia robusta, resiliente, sostenibile e innovativa, allora aggrapparsi dogmaticamente ai modelli di business esistenti, indipendentemente dai loro successi passati, non è la soluzione", ha scritto la von der Leyen nella sua lettera.
Sebbene non sia formalmente all'ordine del giorno, la questione cinese sarà presente inevitabilmente al tavolo dei negoziati.
La decisione di Pechino di reintrodurre ed espandere ampie restrizioni sulle terre rare, cruciali per i settori della difesa e della tecnologia, ha innervosito gli europei e alimentato le richieste di Germania, Francia e Polonia di adottare una posizione più dura.
Gli Stati membri, tuttavia, continuano a essere divisi su come affrontare Pechino e temono che qualsiasi escalation con il gigante asiatico possa colpire duramente l'economia europea, ancora provata dal doloroso impatto dei dazi di Trump.
Ciò significa che la prospettiva di far scattare lo "Strumento anti coercizione", il più potente strumento commerciale del blocco, rimane un'idea lontana. Per ora.
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