Unità europea alla Casa Bianca ma deve essere seguita da un rafforzamento della difesa

Il presidente russo Vladimir Putin deve aver visto qualcosa di profondamente spiacevole a Washington lunedì: non l’imbarazzo di Volodymyr Zelensky, ma l’unità e la forza dell’Europa.
Putin aveva ragioni per aspettarsi un incontro difficile tra Zelensky e Donald Trump, come quello di febbraio. Allora, l’ucraino era apparso isolato e il presidente americano desideroso di accelerare verso negoziati con la Russia. Questa volta, però, il leader di Kiev si è presentato alla Casa Bianca affiancato da sette capi di Stato e di governo europei, oltre alla Nato e all’Unione europea.
Il messaggio era evidente: l’Ucraina non è un caso periferico, ma il cuore della sicurezza europea. I leader europei hanno chiesto cessate il fuoco, garanzie e sostegno a Kiev, puntando a coinvolgere anche Trump. Se qualcuno è apparso escluso dal cerchio, è stato Putin.
Un fronte unito contro le crisi
Dopo sette mesi della seconda presidenza Trump, i leader europei hanno affinato la capacità di presentarsi uniti per prevenire crisi diplomatiche. La loro offensiva di charme sembra aver funzionato: Trump ha elogiato il cancelliere tedesco Friedrich Merz per l’abbronzatura, il presidente finlandese Alexander Stubb per la giovinezza e la premier italiana Giorgia Meloni per la leadership.
Persino Ursula von der Leyen ha ricevuto parole calorose, un segnale notevole da un presidente storicamente diffidente verso l’Ue.
Queste attenzioni hanno avuto un effetto politico. Trump non ha chiesto a Zelensky concessioni territoriali né ha descritto l’Ucraina come ostacolo alla pace. Inoltre, ha aperto alla possibilità di coordinare garanzie di sicurezza insieme agli alleati europei, pur precisando che gli Stati Uniti non interverranno direttamente sul terreno. Per un leader che aveva definito il conflitto “non la sua guerra”, si tratta di un cambio significativo.
Aperture americane e limiti europei
Il segretario di Stato Marco Rubio è già al lavoro con le controparti europee su possibili garanzie. Ma non tutti in Europa approvano l’approccio conciliante verso Trump: per alcuni cittadini è imbarazzante vedere i propri leader impegnati a ingraziarsi il presidente americano. Tuttavia, questo stile ha evitato scenari peggiori: a giugno Trump aveva confermato l’impegno nell’articolo 5 della Nato, e questa settimana non ha imposto a Kiev concessioni a Putin.
Eppure, limitarsi a “spegnere incendi” non basta. L’unità mostrata a Washington deve trasformarsi in capacità concrete. Putin può riconoscere la forza simbolica della diplomazia europea, ma ciò che conta davvero è la disponibilità di uomini e mezzi. Anche con un contributo statunitense, la maggior parte delle forze dovrà arrivare dall’Europa.
Il futuro della difesa europea
L’amministrazione Trump resta intenzionata a ridurre la presenza militare americana in Europa e lo stesso presidente non vuole correre rischi per i soldati statunitensi. Ciò significa che l’UE dovrà assumersi un ruolo primario, ribaltando la tradizionale posizione di junior partner vista nei conflitti in Medio Oriente.
Una vera forza di difesa europea è cruciale non solo per l’Ucraina, ma per la sicurezza dell’intero continente.
Gli europei possono forse mantenere Trump vicino con diplomazia personale e concessioni simboliche, ma la nuova generazione di politici repubblicani è meno incline a sostenere l’Europa contro la Russia. Perciò, se l’Europa riuscirà a garantire la propria sicurezza con un contributo statunitense ridotto, sarà più facile mantenere gli Stati Uniti coinvolti. L’Ucraina diventa così un banco di prova per il futuro assetto della difesa europea.
Kristine Berzina è Senior Fellow per la difesa degli Stati Uniti e la sicurezza transatlantica presso il German Marshall Fund degli Stati Uniti.
Today