Spagna, il “macellaio di Maduro” sul Cammino di Santiago nonostante il divieto di ingresso

Alexander Enrique Granko Arteaga, colonnello dell’esercito venezuelano e uno dei volti più temuti della repressione chavista, ha percorso quest’estate il Cammino di Santiago, in Galizia.
Le immagini, pubblicate sul suo profilo Instagram e poi scomparse dopo le canoniche 24 ore, lo mostrano mentre timbra la credenziale del pellegrino in un ufficio della Guardia Civile. Una scena che avrebbe potuto sembrare ordinaria, se non fosse che Granko è da anni persona non gradita in Europa.
Dal 2019, infatti, l’Unione europea gli ha vietato l’ingresso e congelato i beni per le accuse di torture, violenze sessuali, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate contro dissidenti del regime di Nicolás Maduro.
A Bruxelles lo chiamano con un nome che pesa come una condanna: “il macellaio di Maduro”. Secondo documenti del Consiglio Europeo, tra il 2017 e il 2022 Granko non si è limitato a ordinare, ma ha direttamente partecipato a operazioni di repressione brutale. L’Onu lo lega anche alla morte del capitano Rafael Acosta Arévalo, uno dei casi simbolo della tortura in Venezuela.
La sua presenza in Spagna apre una serie di interrogativi imbarazzanti. Come ha potuto entrare nell’Unione europea un uomo sottoposto a sanzioni così dure? Se davvero si è trattato di un ingresso autorizzato, chi ha concesso l’eccezione? Il governo di Pedro Sánchez, già in passato criticato per i rapporti considerati troppo ambigui con Caracas, non ha fornito spiegazioni ufficiali.
L’opposizione non ha perso tempo. Il Partito Popolare ha chiesto chiarimenti immediati, accusando l’esecutivo di aver permesso a un torturatore di percorrere liberamente il Cammino di Santiago. “Com’è possibile che il capo del controspionaggio venezuelano accusato di crimini contro l’umanità si godesse una delle mete simbolo della spiritualità europea?”, ha denunciato l’eurodeputato Esteban González Pons.
Il caso mette Madrid in una posizione scomoda e rischia di allargarsi a Bruxelles. Per l’Ue, che fa della difesa dei diritti umani uno dei suoi pilastri diplomatici, la vicenda rappresenta un cortocircuito politico e morale. Nel frattempo, da Caracas, il regime Maduro osserva con silenziosa soddisfazione l’eco di un episodio che getta nuove ombre sui rapporti tra l’Europa e il Venezuela.
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