Corea del Nord, boom di condanne a morte per chi guarda film stranieri

Il regime della Corea del Nord ha aumentato il numero di condanne a morte eseguite per la visione o condivisione di film e serie tv straniere, secondo un rapporto dell'Alto commissario dell’Onu per i Diritti umani pubblicato venerdì 12 settembre.
Il documento è basato su oltre 300 interviste a rifugiati fuggiti dal paese nell'ultimo decennio e riporta una crescente repressione di tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Il regime di Pyongyang ha approvato dal 2015 almeno sei nuove leggi che prevedono la pena di morte, tra cui quelle che proibiscono il consumo di contenuti mediatici stranieri. Questo fa parte della strategia che mira a isolare la popolazione dal mondo esterno e rafforzare il controllo sulle informazioni che circolano nel paese e sui comportamenti individuali.
Guardare film stranieri equivale al traffico di droga per il regime
Dei rifugiati hanno testimoniato che le esecuzioni legate alla diffusione di contenuti stranieri sono aumentate dal 2020, e che spesso avvengono pubblicamente per incutere paura alla popolazione.
Kang Gyuri, fuggita dalla Corea del Nord nel 2023, ha raccontato alla BBC che tre suoi amici sono stati giustiziati perché sorpresi ad avere contenuti mediatici sudcoreani. Gyuri ha anche assistito al processo di un amico di 23 anni, che è stato condannato a morte per traffico di droga dopo una sola udienza. "Questi reati sono ora trattati allo stesso modo e la gente ha più paura di prima", ha riferito Gyuri.
Il popolo nordcoreano è il più sorvegliato al mondo
Negli ultimi dieci anni il regime nordcoreano ha stretto la presa su "tutti gli aspetti della vita dei cittadini", al punto che "nessun altro popolo al mondo è soggetto a restrizioni di questo livello", secondo le Nazioni Unite.
Il rapporto attribuisce questo inasprimento allo sviluppo delle tecnologie di sorveglianza, che hanno reso il controllo “più pervasivo ed efficace”.
L’Alto Commissario dell'Onu per i Diritti Umani, Volker Türk, ha dichiarato che se questa situazione continua, il popolo nordcoreano “subirà ulteriori sofferenze, repressioni brutali e un clima di paura che va avanti da tempo”.
Kim Jong-un non ha mantenuto le promesse
Quando Kim Jong-un è salito al potere nel 2011, i rifugiati hanno detto che la gente sperava in condizioni di vita migliori. Il leader aveva promesso infatti di migliorare le condizioni economiche del paese, affermando che avrebbe evitato sacrifici ai cittadini.
Ciò avrebbe dovuto significare cibo a sufficienza e uno sviluppo economico parallelo a quello del programma nucleare.
Ma il rapporto documenta che la situazione è “drammaticamente peggiorata” dal 2019, quando Kim ha abbandonato la diplomazia con l’Occidente e gli Stati Uniti, concentrandosi esclusivamente sul rafforzamento dell’arsenale nucleare.
Quasi tutti gli intervistati hanno riferito di non avere cibo a sufficienza e che mangiare tre pasti al giorno è diventato un "lusso". Durante la pandemia COVID-19, i rifugiati hanno riferito di gravi carestie e di morti per fame in varie parti del paese.
Kim ha inoltre imposto controlli rigidi alla frontiera con la Cina, ordinando alle truppe di sparare a vista a chi cerca di fuggire, rendendo le fughe rare ed estremamente pericolose.
Una giovane donna fuggita nel 2018, quando aveva 17 anni, ha detto: "Nei primi giorni del governo di Kim Jong-un, avevamo qualche speranza, ma è durata poco... Il governo ha gradualmente impedito alle persone di guadagnarsi da vivere in modo indipendente, e vivere giorno per giorno è una tortura".
Orfani e poveri nordcoreani sono obbligati al lavoro forzato
Il regime ricorre anche sempre di più al lavoro forzato: poveri, orfani e bambini di strada vengono reclutati per svolgere lavori faticosi nell'edilizia e nelle miniere, secondo il rapporto dell'Onu.
Nonostante la pericolosità del lavoro e l'alto tasso di mortalità, il governo non cerca di migliorare le condizioni di sicurezza, descrivendo invece le morti come "sacrifici" al leader.
Migliaia di bambini sono stati reclutati per lavori di questo tipo negli ultimi anni, secondo il rapporto.
I campi di prigionia nordcoreani sono ancora in funzione
Almeno quattro campi di detenzione per prigionieri politici sono ancora attivi. Nel 2014, una Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite aveva etichettato gli abusi di Pyongyang nelle prigioni come "crimini contro l'umanità".
Il rapporto rileva che i prigionieri nelle carceri ordinarie continuano a essere torturati e maltrattati e che i decessi avvengono per sfinimento, malnutrizione o maltrattamenti, anche se ci sono stati "alcuni limitati miglioramenti" come "una leggera diminuzione della violenza da parte delle guardie".
Cina e Russia bloccano le sanzioni internazionali
Le Nazioni Unite hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza di deferire la Corea del Nord alla Corte penale internazionale, ma i tentativi sono falliti dopo che Cina e Russia, in qualità di membri permanenti, hanno posto il veto a qualsiasi nuova sanzione contro il regime.
La scorsa settimana Kim Jong-un ha partecipato a una parata militare a Pechino insieme al presidente cinese, Xi Jinping, e al presidente russo, Vladimir Putin. La presenza del leader nordcoreano è stata interpretata come un'implicita conferma del sostegno dei due paesi al regime di Pyongyang.
L'Onu chiede alla Corea del Nord di abrogare la pena di morte
Nel rapporto, le Nazioni Unite hanno chiesto al governo nordcoreano di abolire i campi di prigionia politica, di porre fine all'uso della pena di morte e di insegnare ai cittadini i diritti umani fondamentali
Volker Türk ha affermato: “I nostri rapporti mostrano un chiaro e forte desiderio di cambiamento, specialmente tra i giovani nordcoreani”.
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