Garanzie di sicurezza: ecco i Paesi europei disposti a inviare truppe in Ucraina

L’Europa si muove velocemente per definire nuove garanzie di sicurezza a sostegno dell’Ucraina, mentre cresce l’attesa per un possibile incontro tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin nelle prossime settimane.
Dal mese di febbraio, circa trenta Paesi sono impegnati nelle trattative nell’ambito della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, un’alleanza che ha l’obiettivo di rafforzare la difesa di Kiev attraverso il dispiegamento di una “forza di rassicurazione”.
Questa presenza militare, che si concentrerebbe in aree non contese e lontane dalla linea del fronte, mira a scoraggiare ulteriori offensive da parte della Russia e a garantire maggiore stabilità sul territorio ucraino.
Francia e Regno Unito pronti a inviare truppe in Ucraina
I due copresidenti della coalizione, Francia e Regno Unito, si sono già detti pronti a fare un passo avanti decisivo. Emmanuel Macron ha confermato che Parigi è disponibile a sostenere Kiev con missioni di addestramento e supporto logistico, mentre il ministro della Difesa britannico John Healey ha dichiarato che Londra è pronta a schierare soldati sul terreno.
L’obiettivo della missione, secondo quanto ribadito anche dal capo delle forze armate britanniche Tony Radakin, sarebbe quello di garantire la difesa aerea e marittima dell’Ucraina, oltre a rafforzare la formazione delle sue forze armate.
Anche Belgio, Lituania ed Estonia hanno espresso la loro disponibilità a partecipare con contingenti militari, rafforzando così il campo dei Paesi favorevoli all’intervento diretto.
Il primo ministro estone Kirsten Michal ha ribadito la sua disponibilità a fornire truppe questa settimana, osservando tuttavia che "è importante che si continui a lavorare sui dettagli".
I Paesi indecisi: Svezia e Lettonia valutano il loro ruolo
Accanto al fronte dei favorevoli si collocano alcuni governi che mantengono una posizione di attesa. La Lettonia ha fatto sapere che la decisione finale sull’eventuale invio di truppe sarà presa solo dopo la definizione di un accordo di pace e delle garanzie di sicurezza complessive.
Anche la Svezia non ha ancora preso una posizione chiara, sottolineando la necessità di ulteriori chiarimenti sulla natura della missione, che potrebbe assumere il carattere di operazione di mantenimento della pace, deterrenza o rassicurazione.
Germania, Italia e Polonia dicono no all’invio di soldati
Diversi Paesi europei hanno invece già escluso la possibilità di inviare truppe in Ucraina. La Germania, per voce del ministro Johann Wadephul, ha dichiarato che contribuirà con equipaggiamenti e risorse ma non con uomini sul terreno.
L’Ungheria di Viktor Orbán ha ribadito più volte il suo rifiuto, così come la Polonia, che ha chiarito di non avere alcun piano per un intervento diretto, pur rimanendo un alleato fondamentale di Kiev sul fronte logistico e nella difesa del fianco orientale della Nato.
Anche l’Italia ha confermato la propria linea di prudenza: la premier Giorgia Meloni aveva già escluso a marzo qualsiasi ipotesi di invio di truppe italiane.
Spagna e Paesi Bassi: supporto sì, ma senza truppe
Tra i Paesi che hanno adottato una posizione intermedia figurano Spagna e Paesi Bassi. Entrambi i governi hanno espresso la volontà di partecipare alle garanzie di sicurezza e di sostenere l’Ucraina con mezzi e risorse, ma senza impegnarsi nell’invio di soldati sul terreno.
Questa scelta risponde alla necessità di mantenere un equilibrio tra il sostegno a Kiev e il timore di un’escalation diretta con la Russia.
Le prospettive della missione e i rischi di escalation
La definizione delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina resta quindi al centro del dibattito europeo e internazionale. Se da un lato cresce la pressione per fornire un sostegno concreto e visibile a Kiev, dall’altro molti governi temono che il dispiegamento di truppe possa essere interpretato da Mosca come una provocazione diretta. La Coalizione dei Volenterosi, guidata da Francia e Regno Unito, dovrà trovare un equilibrio tra la necessità di rassicurare l’Ucraina e quella di evitare un’ulteriore escalation del conflitto, in un contesto geopolitico sempre più fragile.
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