Il mercato europeo delle fusioni e acquisizioni è vivo e vegeto, a dispetto delle previsioni

Dopo un 2023 difficile e un post-pandemia dai toni altalenanti, il 2025 segna un importante rimbalzo per il mercato delle fusioni e acquisizioni (M&A). Nella prima metà dell’anno, il valore complessivo delle operazioni ha superato i 2.000 miliardi di dollari in quasi 25.000 deal globali, segnando un aumento del 13,6 per cento in valore e del 16,2 per cento nel numero di transazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I dati sono stati pubblicati nel recente M&A Report di PitchBook.
Europa: il miglior anno in oltre un decennio?
Anche il continente europeo mostra segnali positivi. Se la tendenza attuale dovesse continuare, il 2025 potrebbe diventare l’anno con più operazioni M&A in Europa da oltre dieci anni. A trainare sono soprattutto le operazioni strategiche legate a ristrutturazioni aziendali, spin-off e acquisizioni nei settori tecnologici e industriali.
Valutazioni divergenti: ostacolo (quasi) superato
Uno dei principali freni alle operazioni M&A resta il divario di valutazione tra acquirenti e venditori. Secondo Lorenzo Corte di Skadden, molte trattative saltano perché le aspettative di chi vende non sono in linea con quelle degli acquirenti, specie dopo anni di inflazione, rialzi dei tassi e dazi.
Una delle soluzioni più adottate è l’earn-out, ovvero il pagamento di una parte del prezzo d’acquisto solo se l’azienda acquisita raggiunge determinati risultati dopo il deal. Tuttavia, il calo dell’inflazione e la maggiore chiarezza sull’andamento dei tassi stanno riducendo questo gap.
Transizione, AI e geopolitica spingono le strategie
L’incertezza economica è solo uno dei fattori in gioco. I Ceo intervistati da PwC nel 2025 segnalano che molte aziende stanno ripensando i propri modelli di business, spinti dalla transizione ecologica, dall’intelligenza artificiale e dai cambiamenti geopolitici. Ciò porta a dismettere rami non redditizi o ad acquisire aziende per rafforzarsi in settori strategici.
In Europa, il settore IT ha registrato l’unico vero incremento di valore M&A nel secondo trimestre (+36,6 per cento). Ma è la difesa a emergere come nuovo catalizzatore, grazie all’aumento della spesa militare e alla necessità di costruire veri “campioni europei” in grado di competere con giganti globali. Anche l’automotive e la chimica potrebbero vedere un’ondata di consolidamenti, complice la pressione dei dazi Usa imposti nel 2024 dal presidente Trump.
L’Europa ha ancora paura delle grandi dimensioni?
In Europa, la diffidenza verso le fusioni di grandi dimensioni resta forte. Il rapporto Draghi, pubblicato a settembre 2024, ha lanciato un appello per promuovere il consolidamento delle aziende europee. Ma i precedenti non aiutano: la Commissione Ue ha bloccato in passato importanti operazioni come Siemens-Alstom o Ryanair-Aer Lingus, temendo danni alla concorrenza.
Anche i governi nazionali si mostrano prudenti: il caso BBVA-Sabadell in Spagna ne è un esempio, con l’esecutivo che si è opposto per ragioni politiche e territoriali. Tuttavia, secondo Nigel Wellings di Clifford Chance, oggi si riconosce che “grande non significa sempre cattivo”, specialmente in settori come la finanza e la difesa.
Private equity e tariffe Usa: due forze opposte
Il private equity gioca un ruolo fondamentale nel mercato M&A 2025. I fondi hanno ancora molta liquidità da investire (dry powder) e, secondo Pitchbook, stanno puntando su operazioni più grandi. Tuttavia, il numero complessivo di deal resta inferiore al 2022, in parte a causa delle incertezze generate dai dazi Usa e dal rallentamento delle exit strategy.
Secondo Matt Whitaker, ambasciatore Usa presso la Nato, la politica commerciale americana mira a riportare la produzione in patria e creare posti di lavoro, ma sta costringendo molte aziende europee a riposizionarsi sui mercati.
Le prospettive: warning ma fiducia
Il mercato M&A del 2025 è in ripresa, ma non immune dai rischi. Il proseguimento di questo trend positivo dipenderà da:
eventuali nuovi dazi Usa o escalation geopolitiche,
decisioni sui tassi di Bce e Fed,
e dalla capacità del private equity di sbloccare capitali.
Non siamo ancora in una stagione di acquisizioni “roventi”, ma le condizioni stanno migliorando. La chiave, secondo gli analisti, sarà la qualità dei deal e la flessibilità dei modelli di valutazione. In un mondo in transizione, le aziende che sapranno adattarsi avranno un vantaggio competitivo.
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